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Heiko H. Caimi – Si vis pacem, para bellum

Leopold e Augusto von Hartmann sedevano nella sala del consiglio della loro azienda, la Hartmann & Söhne, dominando la lunga tavolata di mogano lucido con le loro tazze di caffè fumante. Davanti a loro, i contratti già firmati per la nuova commessa: milioni di fucili, migliaia di obici, tonnellate di esplosivo. Un affare d’oro.
«Vedi, caro fratello», disse Leopold, accendendosi un sigaro, «questo non è solo un grande affare per noi. È il futuro dell’Europa. I nostri eserciti si stanno risvegliando. La gente nelle strade sente il richiamo. La guerra arriverà, perché già la stanno immaginando. Già ne discutono nei caffè, nei salotti, nei giornali».
Augusto, con il volto scavato dall’inquietudine, osservava le firme sui contratti. «Ma se la guerra non arriva? Se tutto questo denaro servisse solo a riempire arsenali che nessuno userà mai?».
Leopold rise, sbuffando fumo. «E cosa importa? Intanto noi ci siamo assicurati la nostra parte. E poi, fidati: con tutti questi armamenti, la guerra arriverà. Non si producono milioni di fucili per lasciarli arrugginire. Non si rinfocola il patriottismo senza che diventi fiamma. Guarda le piazze: la gente già s’infervora, già odia, già sogna battaglie e rivalse. Noi non creiamo solo armi, caro fratello. Creiamo necessità».
Augusto si alzò, camminando nervosamente verso la finestra. Le strade erano piene di manifestazioni. Alcuni agitavano bandiere con l’effigie dell’Europa: forte, unita nel riarmo. Altri, con cartelli arcobaleno, venivano strattonati, insultati, persino colpiti. «Queste persone…» mormorò. «I pacifisti. Sono la maggioranza, lo dicono tutti i sondaggi. Eppure, non sembra abbiano davvero voce».
Leopold si fece cupo. «Sono persone abominevoli. Vogliono la pace proprio quando la guerra è inevitabile. Non capiscono che solo con la forza si ottiene il rispetto. La Presidente lo ha detto chiaramente: la pace dev’essere garantita dalle armi. E’ il momento della pace attraverso la forza. La Storia ci insegna che chi è debole, soccombe. E noi non vogliamo soccombere».
Augusto si voltò di scatto. «E se fosse la guerra a distruggerci? Se tutto questo ci conducesse solo alla rovina? Allora di quali commesse potremo congratularci? La pace arriverà quando saremo stati spazzati via dalla Storia».
Leopold non lo ascoltava. Guardava oltre, lontano, come se già vedesse planare le nuove commesse, atterrare gli extraprofitti. Il ciclo continuava, il motore girava, inarrestabile. Nessuno avrebbe osato tanto da far scomparire la razza umana. L’importante era che la guerra arrivasse, che gli utili aumentassero, che la ricchezza li innalzasse.
«Io temo che quella ricchezza ci seppellirà», chiuse il discorso Augusto.

E la guerra arrivò.
Le prime esplosioni illuminarono il cielo come fuochi d’artificio impazziti. Le strade si svuotarono, i vetri andarono in frantumi. Le truppe marciavano, le città bruciavano, i confini si ridisegnavano nel sangue. I titoli azionari della Hartmann & Söhne schizzarono alle stelle mentre le città venivano ridotte in macerie. I fucili prodotti dai loro stabilimenti si impugnavano con rabbia, gli obici frantumavano le piazze nelle quali un tempo la gente si ritrovava o discuteva nei caffè.
Leopold osservava tutto dalla sua sala blindata. Era fiero: il suo contributo alla Storia era tangibile, concreto. Incontrovertibile. I monitor davanti a lui trasmettevano immagini di avanzate, ritirate, interviste a generali che lodavano la preparazione bellica, governanti che a pugno chiuso inneggiavano alla vittoria. «Vedi, Augusto?» disse. «Avevo ragione! La guerra è qui, e noi siamo i suoi artefici!» esultò, sollevando un calice di cristallo.
Augusto non rispose. E venne il giorno che lui e il fratello si trovarono fianco a fianco a guardare su uno schermo l’inquadratura di una telecamera di sicurezza che mostrava la loro fabbrica principale, ormai ridotta a un cratere fumante. Gli operai che un tempo avevano alimentato la macchina della guerra ora erano solo ombre carbonizzate. Le ricchezze accumulate erano numeri su server che non esistevano più.
Leopold si voltò di scatto, sentendo un boato. Le mura della villa tremarono, la polvere scese dal soffitto. Un colpo di artiglieria aveva sfondato la tenuta. I servi correvano in preda al panico, i telefoni squillavano a vuoto, poi smisero di suonare del tutto. Qualcuno gridava che le truppe nemiche erano entrate in città.
E mentre le fabbriche venivano bombardate, le città annientate, mentre nessuno veniva risparmiato, Leopold scese le scale per raggiungere il bunker con passo pesante. Augusto lo seguiva, in silenzio. Ma non fece in tempo a salvarsi. Un’esplosione lo fece a pezzi a pochi passi dalla salvezza.
Trattenendo una lacrima, Leopold si chiuse il mondo alle spalle. Nonostante tutto amava quel fratello che lo contraddiceva sempre.
La sala era illuminata da luci fredde, i muri d’acciaio vibravano sotto l’impatto delle esplosioni. Leopold cercò di accendersi un sigaro, ma le mani gli tremavano. Il suo ultimo pensiero, mentre il rifugio vibrava sotto i colpi di maglio dell’artiglieria nemica, fu un’eco lontana delle parole di Augusto: “E se fosse la guerra a distruggerci? Io temo che quella ricchezza ci seppellirà”. Ma era troppo tardi: nessuna eco avrebbe risposto a quelle parole distanti.
Un’altra detonazione, più vicina, fece tremare tutta la struttura. Il soffitto s’incrinò.

Heiko H. Caimi: Heiko H. Caimi, classe 1968, è scrittore, sceneggiatore, poeta e docente di scrittura narrativa. Ha collaborato come autore con gli editori Mondadori, Tranchida, Abrigliasciolta e altri. Ha insegnato presso la libreria Egea dell’Università Bocconi di Milano e diverse altre scuole, biblioteche e associazioni in Italia e in Svizzera. Dal 2013 è direttore editoriale della rivista di letterature Inkroci. È tra i fondatori e gli organizzatori della rassegna letteraria itinerante Libri in Movimento. ha collaborato con il notiziario "InPrimis" tenendo la rubrica "Pagine in un minuto" e con il blog della scrittrice Barbara Garlaschelli "Sdiario". Ha pubblicato il romanzo "I predestinati" (Prospero, 2019) e ha curato le antologie di racconti "Oltre il confine. Storie di migrazione" (Prospero, 2019), "Anch'io. Storie di donne al limite" (Prospero, 2021) e, insieme a Viviana E. Gabrini, "Ci sedemmo dalla parte del torto" (Prospero, 2022) e "Niente per cui uccidere" (Calibano, 2024). Svariati suoi racconti sono presenti in antologie, riviste e nel web.
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