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Nel nostro cielo un rombo di tuono

Gigi Riva, morto il 22 gennaio del 2024, ha avuto l’onore di vedere un documentario pensato e girato per ripercorrere la sua vita da calciatore, i suoi successi con il Cagliari e con la Nazionale, il suo grande amore per la Sardegna. Un docu-film scritto e diretto da Riccardo Milani – molto bravo in simili operazioni – sostenuto dalla Regione Autonoma Sardegna, Sardegna Film Commission, Comune di Cagliari e Cagliari Calcio. Gigi Riva – il 7 novembre 2022 – ha assistito alla prima, che si è tenuta al Teatro Massimo di Cagliari per poi procedere a una diffusione in Sardegna e su tutto il territorio nazionale. In data 27 dicembre 2024, quasi a un anno dalla morte di Rombo di Tuono, il film è stato diffuso in Prima TV su La7. 

Riccardo Milani realizza un lavoro che sta a metà strada tra la cronaca e la poesia, immortalando la vita di un campione, inserendo immagini dell’atleta invecchiato, di spalle alla sua spiaggia preferita o seduto sulla poltrona di casa, mentre si racconta.
Il passato del calciatore è narrato in bianco e nero ricorrendo ad attori che interpretano Luigi bambino e la madre che lo porta in bicicletta. Scorrono sullo schermo le immagini del collegio dopo la morte del padre (a nove anni), quindi della madre (a sedici), infine il trasferimento in Sardegna dalla natia Leggiuno, in provincia di Varese.

Luigi gioca a calcio da sempre, a cinque anni sui campetti dell’oratorio s’innamora del pallone e ogni scusa è buona per andare a giocare; la vita in collegio lo cambia moralmente, gli legano la mano sinistra per fargli usare la destra, ma il carattere si rafforza. Fa l’operaio in una fabbrica di ascensori, gioca nel Legnano e, dopo una gara disputata in Spagna con la Nazionale Under 20, viene acquistato dal Cagliari, convinto di andare all’inferno – invece arriva in Sardegna insieme alla sorella e ci resta per tutta la vita. Luigi ha diciassette anni, diventa amico del pescatore Martino. Soprattutto è l’artefice della promozione in serie A del Cagliari – stagione 1964/65 – grazie a un gol di testa all’Udinese che sigla il pari e permette di conquistare quel punto che dà la certezza matematica. Le immagini riprendono il mitico stadio Amsicora pieno di gente anche nel campionato successivo, quando i rossoblu giungono sesti in serie A e qualche giornalista scrive che Cagliari è il miglior pubblico d’Italia.

Le immagini di repertorio riprendono l’entusiasmo dei sardi ma servono anche a far capire il motivo per cui Gigi si è sempre trovato bene insieme a loro. Il campione ha un carattere riservato, non esprime in modo diretto le sue emozioni, ma una volta che concede la sua fiducia è amicizia vera ed eterna. Luigi Riva nasce a Varese ma la Sardegna lo adotta, perché è sardo nell’anima, molto simile al popolo che l’ha conquistato.
A quel tempo l’allenatore era un certo Manlio Scopigno, detto il filosofo, uno che capiva la piazza e i calciatori, un fratello maggiore capace di tirare fuori da un giocatore il meglio che potesse dare. Milani documenta le tappe del dolore, il primo grave infortunio (Italia-Portogallo del 1967) con la frattura del piede sinistro e la grande forza di volontà nel voler tornare alla ribalta. Cagliari è innamorata del suo bomber, si ribella alla possibilità che l’Inter o la Juventus possano acquistarlo, a un certo punto c’è persino un mezzo scandalo – documentato dal regista sardo Nanni Loy – sul presunto acquisto del Cagliari da parte di Moratti, presidente dell’Inter. Qualcosa accade, infatti: vengono comprate azioni della società calcistica sarda per avere voce in capitolo e poter negare il passaggio di Riva alla squadra di Torino, eterna rivale nerazzurra.

Riva viene raccontato dai compagni di squadra superstiti, ne parla anche un avversario nobile come Mazzola, che ci ha giocato insieme in Nazionale e con lui ha vinto un Europeo nel 1968; sentiamo il portiere Albertosi, il difensore Comunardo Niccolai (scomparso recentemente), il centrocampista Ricciotti Greatti, il centravanti Gori, il difensore Tomasini…
Luigi Riva, detto Rombo di Tuono dal grande giornalista sportivo Gianni Brera, era un artista del pallone, un gigante, un eroe, un calciatore che con il piede sinistro faceva quel che voleva, soprattutto scagliava bordate imparabili. Era un amico per i suoi compagni, pure se non espansivo, ché nei momenti del bisogno sapeva far sentire la sua empatia, come quando morì la madre di Greatti e dopo un gol in campionato il primo che andò ad abbracciare fu proprio lui.

Il regista racconta il campionato rubato dalla Fiorentina, accusando il presidente Federale Franchi (nativo di Firenze) di aver favorito i viola nella corsa allo scudetto 1968/69. Ma la vittoria è solo rimandata di un anno, quando nel 1969/70 il Cagliari, grazie ai gol di Gigi Riva, vince il primo e unico scudetto della sua storia, in a una partita incredibile giocata a Torino, finita due a due contro la Juventus, tra rigori ripetuti, proteste in campo e penalty assegnati per pareggiare il conto. Vediamo anche il fantastico gol in rovesciata realizzato contro il Vicenza, che ricorda un simile gesto atletico di Silvio Piola, per anni simbolo delle figurine Panini.
Suggestivo l’incontro tra Gigi Riva e De Andrè, interpretato nella fiction dai figli dei due grandi artisti, il primo della chitarra, il secondo del gol. Riva afferma che entrambi non erano dei grandi parlatori, quindi l’incontro fu drammatico, ma alla fine il genovese gli regalò una chitarra.

Milani realizza un bel quadro della Sardegna, tra banditismo e povertà, punta il dito sulla voglia di riscatto di un’isola intera che s’immedesima nel suo campione e in una squadra che libera l’isola da troppi cliché negativi. Gigi Riva è uno di loro, si offende quando gioca e il pubblico lo chiama pastore o bandito, reagisce dando il meglio di sé per difendere quella che sente come la sua terra.
La lotta per far restare Gigi Riva al Cagliari è la lotta di un popolo che scende in piazza e chiede che il campione rimanga, lo chiedono gli emigranti che partono con la valigia di cartone legata con lo spago, lo chiedono i pastori, i contadini, tutti coloro che affollano ogni domenica prima l’Amsicora, poi il Sant’Elia (oggi stadio in decadenza).

Milani cita la strage di Piazza Fontana, avvenuta proprio l’anno dello scudetto cagliaritano, con il minuto di raccoglimento in campo in onore delle vittime. Racconta la storia (pare veritiera) del bandito Graziano Mesina che, pur di veder giocare Gigi Riva, rischia l’arresto quando la domenica va allo stadio travestito da frate per tifare Cagliari. Infine scorrono le immagini di Cagliari-Bari, ultima di campionato che sancisce la vittoria finale (2 a 0 contro i pugliesi, retrocessi) mentre la Juventus perde a Roma contro la Lazio. Invasione di campo e grande festa, con i ricordi di chi l’ha vista e di chi quel giorno c’era, come un giornalista che paragona Gigi Riva a Emilio Lussu (Un anno sull’altopiano) perché entrambi rappresentano il popolo sardo.
La vittoria del campionato 1969/70 è la riscossa di un popolo, significa andare in Europa e giocare la Coppa dei Campioni, vuol dire anche un Papa (Paolo VI) che per la prima volta nella storia visita la Sardegna, prima così distante dall’Italia.
Milani racconta i Mondiali del Messico con la semifinale Italia-Germania 4 a 3 e con la finale persa contro il Brasile, in cui il campione di Leggiuno incontra Pelé. Vediamo Pasolini e il suo amore per il calcio, quando lo definisce l’ultima rappresentazione sacra dell’umanità e quando dedica parole di elogio alla bravura di Gigi Riva e al suo Cagliari.
Tutti i bimbi sardi che si allenano vogliono indossare il numero undici, la maglia del campione, inoltre vogliono tagliarsi i capelli alla Gigi Riva, e sono gli stessi barbieri a propone un taglio che diventa di moda. Il mito prende corpo quando Raffaella Carrà dedica una canzone a Rombo di Tuono mentre Gianni Brera incensa il calciatore con articoli intrisi di poesia.

Resta il tempo per vedere la grande vittoria a Milano per 3 a 1 contro l’Inter del campionato successivo, ma anche le terribili sequenze dell’infortunio a Vienna contro l’Austria, in una gara della Nazionale che costa al Cagliari l’eliminazione dalla Coppa dei Campioni e un rapido declino in campionato. Riva stringe i denti e riprende, si opera due volte, resiste di nuovo alle sirene juventine, scende in campo ancora nello stadio della sua vita, con la maglia rossoblu del Cagliari, perché sta bene in Sardegna, il posto dove ha trovato casa. Tredici anni a Cagliari, coerente con se stesso, la sua più grande dote, ma un ultimo grave infortunio (nel 1976) ne decreta la fine come calciatore. Ricordiamo le parole di Gianni Brera che racconta la caduta di Riva accasciato al suolo accanto alla bandierina della curva Nord come la caduta di un gigante, come l’agonia di una divinità ferita.
Nel 1977 arriva l’addio al calcio, ma Riva non abbandona la sua passione, apre una Scuola Calcio che porta il suo nome e alleva piccoli campioni del futuro come Barella, incontra Zola e ne diventa amico, si mette a fare il dirigente delle squadre nazionali, stringe rapporti duraturi con Baggio e Buffon.
La malattia e la morte del vecchio compagno di squadra Nenè – che tutti in Sardegna chiamavano Claudio – sono un altro capitolo emozionante per far capire la grande amicizia tra i ragazzi di quella grande squadra del 1970. Luigi Riva interpreta eticamente la comunità sarda, è l’uomo valente che va rispettato, un gigante orgoglioso, onesto, di parola.
La pellicola si chiude con alcune dissolvenze sui giganti perduti, gli atleti scomparsi di un Cagliari irripetibile, mentre scorrono i superstiti che hanno parlato e partono le note della struggente canzone Quando Gigi Riva tornerà…

Un film bellissimo, che a un appassionato di calcio e a una persona che ha vissuto quegli anni non fa sentire la fatica dei 165’, fotografato magnificamente con i colori di una Sardegna selvaggia e bucolica, girato con perizia tecnica da un Milani che dà il meglio di sé nel documentario biografico.


Regia: Riccardo Milani. Soggetto e Sceneggiatura: Riccardo Milani. Fotografia: Saverio Guarna. Montaggio: Francesco Renda. Musiche: Paolo Fresu, Andrea Guerra. Produttori: Mario Gianani, Lorenzo Gangarossa. Case di Produzione: Wildside, Vision Distribution. Distribuzione (Italia): Vision Distribution. Paese di Produzione: Italia. Anno: 2022. Durata: 165’. Genere: Documentario, Biografico. Interpreti: Tiago Ruzzi (Gigi Riva bambino), Valeria Di Bartolomeo (Edis Riva), Enea Felice Carfagna (Gigi Riva in collegio).
Gordiano Lupi: Gordiano Lupi (Piombino, 1960), Direttore Editoriale delle Edizioni Il Foglio, ha collaborato per sette anni con La Stampa di Torino. Ha tradotto i romanzi del cubano Alejandro Torreguitart Ruiz e ha pubblicato numerosissimi volumi su Cuba, sul cinema e su svariati altri argomenti. Ha tradotto Zoé Valdés, Cabrera Infante, Virgilio Piñera e Felix Luis Viera. Qui la lista completa: www.infol.it/lupi. Ha preso parte ad alcune trasmissioni TV come "Cominciamo bene le storie di Corrado Augias", "Uno Mattina" di Luca Giurato, "Odeon TV" (trasmissione sui serial killer italiani), "La Commedia all’italiana" su Rete Quattro, "Speciale TG1" di Monica Maggioni (tema Cuba), "Dove TV" a tema Cuba. È stato ospite di alcune trasmissioni radiofoniche in Italia e Svizzera per i suoi libri e per commenti sulla cultura cubana. Molto attivo nella saggistica cinematografica, ha scritto saggi (tra gli altri) su Fellini, Avati, Joe D’Amato, Lenzi, Brass, Cozzi, Deodato, Di Leo, Mattei, Gloria Guida, Storia del cinema horror italiano e della commedia sexy. Tre volte presentato al Premio Strega per la narrativa: "Calcio e Acciaio - Dimenticare Piombino" (Acar, 2014), anche Premio Giovanni Bovio (Trani, 2017), "Miracolo a Piombino – Storia di Marco e di un gabbiano" (Historica, 2016), "Sogni e Altiforni – Piombino Trani senza ritorno" (Acar, 2019).
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