Ho avuto un tempo anch’io, come Umberto Saba, una bambina con la palla in mano e con gli occhi grandi colore del cielo; andavamo insieme a vedere la partita, il nostro stadio non era scolpito dalla bora, ma dal maestrale, a tratti soffiava lo scirocco, nei giorni freddi un rigido grecale. Le nostre maglie non eran rosso alabardate ma nerazzurre, di salmastro fiere, correvan sotto un cielo di ricordi, perduto amore e nuvole ferrigne. Siamo stati spesso sui gradoni dello stadio un manipolo sparuto, intirizziti dal freddo dell’inverno, come uomini che guardano da un monte l’ultima gara, felici di vedere portieri abbandonati che volevano far parte d’una festa e calciatori in maglia trafelata che sognavano reti appassionate. Era, forse, per dirla col poeta, l’ultima sacra rappresentazione teatrale, povera umanità in un cadente stadio, dolente ricordo di tutto il suo passato.
Ho avuto un tempo anch’io la mia bambina stringere forte in pugno la mia mano, so che non possono quei giorni ritornare, gli occhi son sempre grandi, la palla ormai sfuggita, adesso è donna, suo padre ricorda un pomeriggio estivo, l’ultimo stadio con un po’ di folla. Vorrebbe assaporare una sconfitta, tornare a casa dopo aver perduto, ammainando bandiere nerazzurre, per il piacere di stare ancora insieme, di vedere un portiere caduto alla difesa, contro la terra vano tentativo, di esultare per una nostra rete. Ma poi comprende che il tempo non concede due volte identico spettacolo e si contenta di quel che ha avuto, del tempo che ha vissuto. Se ben ci pensa non è stato poco.
Gordiano Lupi – La mia bambina con la palla in mano
Foto di Gordiano Lupi