All’improvviso mi ritrovo in logopedia, uno specchio in mano, una gringa sottile che si libra sulla mia spalla e mi chiede di ripetere, salsapariglia, conchiglie, capriola, mentre lei indica la propria lingua per mostrarmi dove dovrebbe essere la mia, perché è pigra, si rifiuta di salire in quel punto dietro i miei denti anteriori superiori per formare il perfetto suono S, serpenti, sudore, stereo, mi sta registrando ora, così posso sentire quando per sbaglio lo faccio bene, ricordare come ci si sente, rifarlo, stupido, spic, soledad, la gringa è persistente, dice che devo esercitarmi ogni giorno a casa, la mia lingua ha bisogno di esercizio, skateboard, estate, Estevan, la mia lingua è pesante, crolla per sfinimento, occupa più spazio in bocca di prima, come se avessi morso troppo di un panino cubano, saliva, sucia, stink, penso a mia madre che compra la lingua di vacca al mercato della carne, quella grossa lastra nella padella, suspiro, sonnambulo, sistema, la gringa dice che per oggi basta, mi rimanda a casa, stucco, stagno, San Lazaro – dove mia madre sta in cucina, affettando cebollas e cantando quelle strane canzoni galiziane con tutte le S sbagliate.
Poesia scelta da Emilia Mirazchiyska, curatrice della serie
Traduzione di Heiko H. Caimi