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Come trovarono un’ isola nella quale è Inferno*

Illustrazione di Ada Natale

Essendo andati col vento nelle parti d’Aquilone, essi videro un’isola che era tutta piena di pietre grandi ed era molto sozza e non vi erano né alberi né foglie né erbe né fiori né frutti, ma tutta era piena di fucine e di fabbri; e ogni fucina aveva il suo fabbro, aveva tutti i ferri che al fabbro appartengono, e ardevano come ardentissime fornaci, e ciascuno martellava con così grande forza e con tanto rumore che, se non fosse altro Inferno, quello sarebbe parso troppo. E, vedendo San Brandano e i suoi frati tutte queste cose, le quali erano così crudeli e così paurose, disse San Brandano ai suoi frati: «Frati miei, questo è un luogo malvagio dove stare; io ho gran compassione delle cose che vedo, e perciò non è il caso di seguirle se possiamo guardarcene».

Non appena ebbe detto quelle parole, venne un gran vento, molto forte, e portò la nave vicino a quell’isola e, come piacque a Dio, la nave passò oltre con salvezza; poiché la nave era lontana un tratto di balestra, e i frati udivano uno smisurato vento e rumore di martelli che battevano sulle incudini. San Brandano, udendo quel rumore, si cominciò a segnare e disse: «O signore Iddio, fateci scampare da quest’isola, se a voi piace». Immantinente un uomo di quell‘isola venne verso di loro; era vecchio e aveva la barba molto lunga, e nero e peloso come un maiale, e puzzava molto forte. Quando quei servi di Dio lo videro, l’uomo tornò immediatamente indietro, e l’abate si segnò e si raccomandò a Dio così dicendo: «O figliuoli miei, levate più alta la vela e navighiamo più forte, così che possiamo fuggire da quest’isola, ché c’è male a restarvi».
Dopo che ebbe detto queste parole, subito venne sul lido del mare un mal vecchio barbuto; recava in mano una tenaglia e una pala di ferro tutta ardente di fuoco e, vedendo che la nave era partita, gettò lor dietro quella pala di ferro, ma come piacque a Dio ella non li raggiunse, ma dove cadde fece bollire l’acqua fortemente. Dopo di che videro sulla riva una grande moltitudine di sozzi uomini come il primo; e ognuno aveva in mano una gran mazza di ferro tutte ardente di fuoco e produceva una gran puzza. E tiravano loro dietro quelle mazze, mai non gliene giunse nessuna; però faceva un gran puzzo, e l’acqua ribollì per ben tre dì; vedemmo ardere anche quell’isola molto forte e, quando i frati se ne andarono via, udirono un grande urlo e il rumore che faceva quella brutta gente. E San Brandano confortava tutti i suoi frati dicendo: «Non temete, figliuoli miei, il signore Iddio è e sarà il nostro aiuto. Voglio che sappiate che noi siamo nelle parti dell’Inferno, e questa isola è delle sue, e avete veduto i suoi segni, e perciò dovete pregare devotamente affinché non dobbiate temere queste cose».
Dopo queste parole essi udirono voci che gridavano molto dolorosamente e dicevano: «O padre santo e servo di Dio, prega per noi miseri tapini: sappi che noi siamo presi a nostro malgrado e contro la nostra voglia; volentieri verremmo da voi, ma noi non possiamo; è un dolore per noi che mai nascemmo al mondo, il quale è pieno di ogni inganno e di tradimenti; noi siamo legati molto forte e non vediamo da che cosa né chi ci tiene, onde la nostra vita è sempre dolorosa e sempre lo sarà». Quando i frati udirono queste parole ebbero grande compassione e pregarono Iddio, che li guardasse da quelle pene. E, guardando verso l’isola videro un uomo nudo che era portato al tormento e udiva le voci che gridavano e diceva: «Al fuoco, al fuoco!». E altri dicevano: «All’acqua!». E udirono molte altre parole assai peggiori, e l’acqua del mare divenne tutta torbida e pareva che gettasse fiamme e un puzzo orrendo, e per questo i frati furono molto sbigottiti, poiché non sapevano dove fossero né dove dovessero andare, ma con l’aiuto di Dio si allontanarono da quel luogo così orribile.
Navigando per un altro giorno, videro a ponente un grande monte sorgere dal mare, e su quel monte pareva che vi fossero nature d’animali salvatici come dragoni, leoni, grifoni e orribili serpenti e altre bestie assai brutte; e dalla cima di quel monte usciva un grande fiume d’acqua. San Brandano voleva schivare quel monte, ma un vento lo sospinse presso alla riva, che era molto alta, e da quel monte correva un fiume di sangue vivo; un frate di quei tre che era rimasto con l’abate uscì immediatamente dalla nave e cominciò ad andare giù nel fondo della riva, e quando fu sotto venne preso, e cominciò subito a gridare: «O santo padre, per male mi allontanai dalla vostra compagnia; io sono preso e non so da chi né perché, e non ho il potere di ritornare da voi». Subito i frati cominciarono a portar via la nave e, volendosi allontanare dal porto, pregarono Iddio dicendo: «O signore Iddio, abbi misericordia di noi peccatori». Anche l’abate guardava che cosa faceva quel frate, e quello che a lui veniva fatto dai demoni: essi lo conducevano da un tormento all’altro con violenza, e lo videro venire inghiottito nove volte da un dragone, uscendogli ogni volta di sotto. Quando l’abate vide che egli era così fortemente torturato da diversi tormenti, allora disse: «O figliuolo, tristo te che mai nascesti in questo mondo: mi pare che tu meriti di stare in codeste pene per i tuoi gravi peccati».
Non appena l’ebbe detto, venne un vento e menò la nave verso Austro; andando si rivolse indietro per vedere l’isola da cui erano partiti e videro che tutta la compagnia ardeva di un grandissimo fuoco, molto alto; l’abate e i suoi frati, vedendo questo, navigarono con forza verso mezzogiorno, e per setti dì non trovano altro che cielo e acqua.

* versione attualizzata (le versione originale toscana del XIV secolo è in appendice)

La navigazione di San Brandano

La Navigatio Sancti Brendani è un’opera anonima medievale che ebbe grande diffusione nel corso dei secoli e fu tradotta in numerose lingue e dialetti in tutta Europa a partire dal X secolo. Si conoscono un totale di circa 120 manoscritti latini, numero impressionante per una narrativa di questo argomento.
Secondo la storia Brendanus nacque in Irlanda nel V secolo, fu ordinato sacerdote nel 512 e divenne poi San Brandano di Clonfert, conosciuto anche come Brendano il Navigatore, abate irlandese la cui figura è alla base della leggenda raccontata nella Navigatio.
Durante la sua vita e il suo apostolato compì numerosi viaggi attraverso il mare, giungendo sino in Scozia e nelle isole del nord, Orcadi e Shetland. Questi viaggi assunsero nel corso del tempo una valenza mitica, subendo un percorso di arricchimento e ampliamento per influsso delle leggende celtiche che popolavano la ricca cultura precristiana di quei luoghi.
Non si hanno notizie certe su chi fosse l’autore o dove sia stata scritta la Navigatio, ma l’opera ebbe grande diffusione nel corso dei secoli, sia in varie lingue che in alcuni dialetti, tra cui toscano e veneto, e si rifaceva al genere narrativo irlandese degli imram e degli echtrae, che nella antica letteratura irlandese raccontavano la storia di un viaggio avventuroso, includendo storie di viaggi di santi fino alle regioni più remote del nord, o anche di eroi pagani che viaggiavano nell’altro mondo.
La navigatio di San Brandano narra della partenza di questo abate con alcuni monaci del suo monastero per un viaggio alla ricerca del Paradiso Terrestre, che alla fine trovò dopo sette anni di tumultuose peregrinazioni su di un’isola all’estremo ovest del mondo. Tutto cominciò quando Brandano iniziò a provare un profondo desiderio di conoscere il paese dell’Aldilà e pregò Dio di poter visitare da vivo il Paradiso. San Brandano scelse i suoi compagni e insieme salparono per mare alla volta del mondo dei morti che raggiunsero dopo anni di viaggio sull’oceano, conoscendo luoghi surreali e personaggi enigmatici.
Le avventure si susseguirono in modo serrato:

Trovarono un isola con un cane e un Diavolo etiope, poi un’isola che era il Paradiso degli uccelli su cui gli uccelli-anime cantavano salmi e pregavano Dio, trovarono l’isola dei monaci di Ailbe su cui esistevano foglie magiche, non si invecchiava e vi era completo silenzio, scoprirono un mare “coagulato”, e ricevettero una profezia da un uccello che gli disse che avrebbero viaggiato per sette anni prima di trovare l’ isola del Paradiso. Approdarono su di un’isola con un grifone, e fecero scalo su di un’ isola mobile che in realtà era una balena. Trovarono un isola di fabbri e un vulcano, e incontrarono Giuda seduto infelice su di una fredda roccia nel mezzo dell’oceano, dove si riposava dalle pene dell’Inferno nei giorni di domenica e di festa. Alla fine trovarono la Terra Promessa dei Santi e tornarono a casa dove poi Brandano sarebbe morto per fare al fine ritorno al luogo che aveva visitato in vita.

Il viaggio si svolge come un percorso predestinato nel quale affiorano continuamente elementi simbolici ricchi di richiami leggendari e mistico religiosi che sono poi giunti fino alla cultura contemporanea. I topoi della leggenda prevederanno l’incontro col Male, le isole infernali, gli angeli ignavi, lo scontro con lo Zaratan, gigantesco mostro marino che porta immediatamente alla mente Moby Dick, e la visione di schiere di esseri umani di tutte le età.
La Navigatio Sancti Brendani è il testo più antico fra tutti quelli che raccontano le avventure del santo marinaio. Nei secoli diede spunto a numerose opere, in modo più o meno fedele, fino ad arrivare al XVII secolo, rimanendo collegata da un lato al filone delle agiografie cristiane e dei racconti di viaggi alla scoperta dell’altro mondo, e dall’altro al ramo di ispirazione celtica delle opere di navigazione, gli imrama appunto, che anche in questo caso narrano di viaggi verso luoghi ultra mondani di eroi che sfidano il mare.
Tramite i suoi contenuti poetici e leggendari, trovate e protagonisti favolosi, simbolismi ed immagini, l’opera fa intuire la sua appartenenza ad un genere narrativo tramandato solo oralmente, diffuso in Irlanda già precedentemente alla cristianizzazione dell’isola. Su di questo si innesta l’apporto della tradizione cristiana delle agiografie che si era arricchita nei secoli.
Il carattere edificante ma al contempo favolistico e sorprendente del libro lo mette in posizione di risalto tra le altre opere della letteratura medievale e lo destina, in un mondo nuovo in cui rifioriscono le città e trovano forte impulso i viaggi, ad un successo sempre più vasto: nel XII secolo iniziò la serie di traduzioni in lingue volgari, dalla versione anglo-normanna del Benedeict del 1121, e in Italia si produssero diverse versioni generate fedelmente dal ramo latino oppure ampliate e rielaborate da questo.
Da sempre e ovunque, dal poema di Gilgamesh ai racconti sciamanici, si narra dell’impossibile aspirazione dell’uomo a raggiungere il mondo dell’Aldilà e dei viaggi delle anime dei mortali che scendono o ascendono ad altri mondi per raggiungere Dio. Questo costituisce un campo vastissimo, affascinante e tuttora poco esplorato della cultura antica e una categoria immaginaria difficile da comprendere, ma che ha accomunato uomini e sensibilità attraverso i secoli.

APPENDICE

Come trovarono una isola nella quale è Inferno
(versione toscana XIV secolo)

Essendo andati co ‘l vento nelle parti d’Aquilone eglino viddono una isola la quale era tutta piena di pietre grandi ed era molto una sozza isola e non v’è né albori né foglie né erbe né fiori né frutti, ma tutta era piena di fucine e di ferrari; e ogni fucina aveva el suo ferraro, aveva tutti e’ suoi ferri che al ferraro s’apartiene, le sue fucine ardevano a modo d’ardentissime fornaci e ciascuno martellava per sì gran forza e con tanto romore che se non fosse altro Inferno quel sarebbe paruto troppo. E veggendo San Brandano e ‘ suoi frati tutte queste cose le quali erano sì crudeli e sì spaurose a vedere, disse San Brandano a’ suoi frati: “Frati miei, questo si è reo [lu]ogo da stare, i’ ò gran compassione di queste cose ch’io veggio e perciò nonn-è d’andarvi presso se noi ce ne possiamo guardare”.
E avendo detto queste parole, e’ venne un gran vento e molto forte, e menò la nave presso a questa isola, e sì come piacque a Dio questa nave passò oltre con salvazione; essendo la nave di lungi un tratto di balestro, e’ frati udivano uno ismisurato vento e romore di martelli, e battevano [i m]artelli su per l’ancudini. E udendo San Brandano questo romore e’ si comincia a segnare e disse così: “O signore Iddio, debbiaci iscampare da questa isola se a voi piace”. E avendo così detto, inmantenente e’ venne uno uom[o] di questa isola inverso loro el quale era vecchio e aveva la barba molto lunga, e nero e piloso a modo d’uno porco, e apuzzava molto forte. E così, tosto come questi servi di Dio ebbeno veduti, questo uomo così tornò subitamente indietro, e ll’abate si segna e racomandasi a Dio e disse così: “O figliuoli miei, levate più alta la vela e navichiamo più forte acciò che noi possiamo fuggire di questa isola, ché c’è male stare”.
E avendo detto queste cose, cioè parole, incontanente e’ venne uno mal vecchio barb[ut]o in su lo lido del mare e recava in mano una tanaglia e una pala di ferro tutta ardente di fuoco, e veggendo eg[l]i che la nave era partita, elli la gitta lor dietro quella pala del ferro, ma come piacque a Dio ella no lli giunse, ma dove ella diede tutta l’acqua fe bollire fortemente. E avendo veduto questo fatto eglino ebbono veduti in sulla riva una gr[an]de multitudine di sozzi uo[mi]ni come fu lo primo; e aveva ognuno in mano una gran mazza di ferro tutte ardente di fuoco e rendeva una gran puzza. E di queste mazze e dell’altre traevano loro dietro, mai non gliene giunse veruna, ma un gran puzzo faceva, e faceva bollire l’acqua ben tre dì; anche vedemmo ardere quella isola molto forte e andando via i frati egli udivano un grande urlamento e romore il quale faceva quella brutta gente. E San Brandano confortava tutti e’ suoi frati e diceva: “Non temete, figliuoli miei, lo signore Iddio si è e sarà nostro aiutatore, io voglio che voi sappiate che noi siamo nelle parti del Ninferno e questa isola è delle sue, e avete veduto de’ suoi segni e perciò [d]obbiate orare divotamente acciò che non vi bisogni temere di queste cose”.
E dette queste parole eglino udivano boci che gridavano molto dolorosamente e dicevano: “O padre santo e servo di Dio, priega per noi miseri tapini, sappi che noi siamo presi a mal nostro grado e contra a nostra voglia, [vo]lentieri verremo da voi ma noi non possiamo, dolente a noi che m[ai] nascemo al mondo el quale è pieno d’ogni inganno e tradimenti; noi siamo legati molto forte e non veggiamo da chi né chi ci tiene, onde la nostra vita è sempre dolorosa e sempre sarà”. E quando i frati udirono queste parole ebbono grande compassione e priegano Iddio che gli guardasse da queste pene. E guardando eglino inverso l’isol[a e’] viddono questo uomo ch’era ignudo et era menato al tormento e udiva le boci che gridava e diceva: “Al fuoco, al fuoco!”. E altri diceva: “All’acqua!”. E molte altre parole udivano assai piggiori, e in queste parole l’acqua del mare venne tutta torbida e pareva che gitta[s]se fiamma e puzzo molto orribi[le], e per questo e’ frati vennono molto isbigottiti tal che non sapevano dove si fossono né dove dovessono andare, ma co ll’aiuto di Dio pur si partirono di così brutto luogo.
E andando un altro dì, sì viddono un grande monte inverso ponente in mare, in quel monte pareva che vi fosse nature d’animali salvatichi sì come dragoni leoni grifoni e orribili serpenti e altre brutte cose assai; e in sulla cima di questo monte usciva un grande fiume d’acqua. E volendo San Brandano ischifare questo monte, uno vento gli menò appresso alla riva, ed era molto alta, e in sul quel monte correva un fiume di sangue vivo; e uno frate di quelli tre che era rimaso co ll’abate in compagnia si uscì fuori di [n]ave molto tosto e comincia andare giuso al fondo della riva, e quando e fu là giù incontanente e’ fu preso, e egli comincia a gridare subitamente molto forte e diceva: “O santo padre, per male mi partì’ dalla vostra compagnia, io sono preso e non so da cui né perché e nonn-ò possanza di ritornare a voi”. Incontanente e’ [fra]ti cominciarono a tor via la na[ve] e volendosi partire dal porto pregando Iddio e dicendo: “O signore Iddio, abbi misericordia di noi peccatori”. E l’abate guardava pure che faceva quel frate e quello che era fatto a llui da’ dimoni: e’ llo menavano dall’uno tormento a l’altro molto forte, e viddelo inghiottire nove volte da uno dragone uscendogli ogni volta di sotto. E veggendo l’abate ch’egli era sì forte tormentato da diversi tormenti, allora disse: “O figliuolo, tristo a te che mai nascesti in questo mondo, e’ mi pare che tu meriti di stare in coteste pene per li tuoi gravi peccati”.
E avendo così detto, e’ venne un vento e menò la nave inverso Austro, e andando e’ si rivolse indietro per vedere l’isola onde si erano partiti e viddono che tutta la compagnia ardeva d’un grandissimo fuoco e molto alto; e veggendo l’abate e i suoi frati questo, sì navicarono molto forte inverso mezzodì per ispazio overo […] di setti dì, e non truovano altro che cielo e acqua.

Anna Ettore: Anna Ettore è nata e vive a Milano. Si è laureata in lingue e letterature straniere e lavora come bibliotecaria e interprete. Ha frequentato per alcuni anni la Scuola Forrester di scrittura creativa della Casa Editrice Tranchida. Crede che il suo destino sia diventare scrittrice e nel frattempo si appassiona a culture, lingue e paesi lontani.
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