Le contraddizioni
Il calcio è sempre stato, per il timido e sensibile ragionier Walter Vismara, un pianeta sconosciuto. Eppure, nella nuova ditta in cui ha preso servizio, la regola è: lavora e gioca, e l’appuntamento più importante è la sfida annuale fra scapoli e ammogliati. Walter, che si è dovuto inventare come portiere, si dimostra tanto inadatto al ruolo da essere inizialmente bollato dai colleghi, con ironico disprezzo, con il soprannome di Zamora, il leggendario estremo difensore della Spagna, il portiere più grande di tutti i tempi. Gradualmente, partita dopo partita, Vismara però migliorerà a tal punto da risultare decisivo.
È un’operina leggera, il romanzo breve sul calcio di Roberto Perrone. Leggera e talvolta un po’ convenzionale, ma non gracile. Se il tema dell’impiegato vittima dei colleghi non è propriamente originale, se non pare del tutto convincente che un uomo digiuno di calcio sappia dimostrare, dopo poche partite, un eccezionale talento, pure il testo si fa apprezzare.
Di esso non si dimentica il ritratto, in punta di penna ma per nulla calligrafico, di Milano nei primi anni Sessanta, ove risaltano le contraddizioni di un mondo in pieno mutamento: le deprimenti domeniche in famiglia con il risotto giallo opposte ai primi eccitanti amori con donne che si scoprono moderne, la buona educazione e i valori dell’amicizia opposti all’arroganza e al cinismo degli arrivisti, la pace della campagna e del fiume opposta alle periferie stravolte dalla speculazione edilizia. Su tutto emerge la figura del ragionier Vismara, antieroe tranquillo ed equilibrato che, nonostante il personale trionfo calcistico, ricorderà più le umiliazioni subite che la rivincita ottenuta.