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Sara Firmo – Above

Dalla lunga intervista che Lia Chiaromonte (immaginaria scrittrice, ormai ottantenne) rilascia a Margherita, emergono la sua giovinezza nella disperata Berlino nazista, un grande amore adolescenziale, la violenza e la disperazione di un vissuto personale che non ha mai smesso di interrogare la vita e l’arte, alla ricerca del significato delle cose. Margherita, seconda voce narrante, è una donna senza una direzione, priva di quelli che sono considerati i valori del mondo civile, e, per conseguenza, anche dei suoi più diffusi preconcetti. Sono tuttavia proprio la sua ferocia e il suo sdegno a fornire a Lia la chiave interpretativa che cercava. Fino a un’imprevedibile redenzione.

La lettura di Above di Sara Firmo non è semplice. È un incrocio di voci che prende il via come una corsa: prende il respiro e si lancia in un terreno accidentato. Non risparmia dubbi e rabbia, ai personaggi e al lettore, che, gettato nella violenza della Storia deve, almeno in parte, mettere in discussione le proprie certezze, sospendere il giudizio. Difficilissimo, quando di fatti storici si parla. C’è la verità, e poi c’è l’esattezza, e non sempre le due cose coincidono.
Il racconto si muove in luoghi che prendono forma e consistenza, hanno memoria. Come in una fiaba – suggerisce ingenuamente una figura di contorno nel romanzo – ma, del resto, le fiabe sanno essere crudeli, e parlare di violenza come poco altro.
Ciò che resta, alla fine di tutto, sono i personaggi nel dispiegarsi delle loro vite. Ci sono i confini in continuo movimento tra le loro realtà, il loro dolore, il loro amore. E questo amore può essere terribile: non salva da nulla, non ha una morale, e non chiede di essere capito.
Above è un libro che conosce il potere della parola. Offre, al di là dei concetti del bene e del male, una storia nella Storia, che va letta fino alla fine, nella consapevolezza che l’ordine si mette da solo intorno alle cose.

Caterina Redana

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