Mickey Spillane scriveva solo quando aveva bisogno di un’urgente iniezione di denaro. E non ha portato a termine quasi nessun racconto con protagonista la sua creatura più fortunata, l’investigatore privato Mike Hammer. Max Allan Collins, scrittore e sceneggiatore prolifico, su invito dello stesso Spillane ha preso in mano il marasma di manoscritti rimasti nel cassetto, li ha riordinati e sta facendo un egregio lavoro terminando i romanzi lasciati incompiuti. Ma alcune di quelle storie non avevano il passo del romanzo, così Collins le ha utilizzate per sviluppare otto racconti, ambientati tra gli anni Cinquanta e gli anni Novanta, pubblicati prima su riviste o in e-book e poi in questa raccolta, A Long Time Dead.
Il risultato è un’antologia che presenta classiche situazioni alla Spillane nella quali Hammer è sempre accompagnato dai suoi comprimari, l’affascinante segretaria investigatrice Velda e il capitano Pat Chambers del NYPD. C’è la giusta dose di cinismo, ci sono personaggi corrotti e amorali, spesso c’entra la politica, soprattutto quando è rappresentata da pezzi grossi senza scrupoli che agiscono alla pari dei criminali; c’è la giusta dose di dubbi sollevati dall’investigatore su come stiano veramente le cose. Perché il mondo è marcio, e a volte si rimane impotenti di fronte a crimini che non si possono provare in tribunale. Allora bisogna farsi giustizia da sé, facendo sembrare tutto perfettamente legale, anche perché spesso si tratta di mors tua, vita mea.
In due dei racconti si rasenta il genere horror, ma Collins resta nei binari senza sbandare, rispettando lo stile e i personaggi e riuscendo nel difficile compito di risultare invisibile. Ne risultano storie godibili che sembrano uscite direttamente dalla penna di Spillane, con tutti gli ingredienti amalgamati al punto giusto. Fin troppo.