“La terrazza” di Ettore Scola

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La terrazza è un film sulla crisi del cinema italiano, più in generale sulla crisi della società italiana vissuta alla fine degli anni Settanta, il tutto approfondito grazie a diversi personaggi emblematici. La terrazza è universalmente considerato il film che conclude l’esperienza della commedia all’italiana, che prende il via da I soliti ignoti (1958) di Mario Monicelli. Dopo questo film si continuano a girare commedie (come dice Nanni Moretti è sempre il tempo di fare una commedia!), ma non si possono inserire nel periodo classico anche per diversità di caratteristiche. Ettore Scola realizza uno dei suoi capolavori, un punto fermo della sua filmografia, che cercherà di replicare anni dopo ne La cena (1998), altra analisi spietata della società contemporanea.

Scola introduce lo spettatore nella terrazza con l’espediente tecnico di un compassato piano sequenza, che ripete al termine del film, ma in senso contrario. Il regista sembra quasi scusarsi per la compiuta intromissione nelle esistenze dei suoi personaggi, ne cattura alcuni istanti di vita e subito dopo li abbandona al loro destino. La terrazza è il luogo di ritrovo di un gruppo di intellettuali romani, unità di tempo e di luogo marcatamente teatrale che consente a sceneggiatori e regista di approfondire le singole esistenze dei personaggi più interessanti. Il regista ripete più volte la sequenza iniziale per fissare l’occhio della macchina da presa su un particolare soggetto e sviscerare i motivi della sua crisi.

Jean-Louis Trintignant è uno sceneggiatore di commedie che non riesce più a scrivere, polemizza in terrazza con Stefano Satta Flores, parodia del critico intellettuale di sinistra. Scola mostra la crisi creativa dello scrittore e caratterizza l’ossessione di un produttore (Ugo Tognazzi) che non è interessato ai contenuti ma vuol sapere soltanto se quel che sta scrivendo fa ridere. Tognazzi è la macchietta di un produttore incolto che segue le mode, ma è il modello dei produttori del cinema italiano, che preferiscono film volgari e parodie per motivi di cassetta. La tragedia degli autori della commedia all’italiana è sempre stata quella di dover inserire di nascosto – tra le pieghe delle battute più caciarone e triviali – un discorso ricco di contenuti critici. Proprio questo conflitto tra produttore che chiede di far ridere e critica che non lo comprende fa uscire di testa lo scrittore di cinema, che finisce in clinica psichiatrica. Tra l’altro il produttore accetta di girare un brutto film pseudo-intellettuale solo per risolvere la crisi coniugale con la moglie (Ombretta Colli), però lo spettatore si rende conto di quanto il giovane regista sia poco interessato ai contenuti ma cavalchi le mode solo per il successo. Marcello Mastroianni è un giornalista politico in crisi lavorativa (troppo accomodante) e negli affetti, perché la moglie (Carla Gravina) è lanciatissima, pretende una pausa di riflessione e pensa soltanto al lavoro televisivo. Serge Reggiani è un consigliere culturale Rai che si vede ridurre ufficio e potere dall’avanzata di raccomandati e produzioni statunitensi che non condivide. Vittorio Gassman è un politico comunista in crisi come il suo partito che cede alla tentazione di un’avventura extraconiugale, si innamora di Stefania Sandrelli e vive una storia d’amore lacerata da dubbi e pentimenti.

La terrazza è il film del fallimento e della crisi di una generazione, profondo e malinconico, denso di citazioni colte, al punto che ogni singola frase (anche in sottofondo) potrebbe rappresentare lo spunto per un film autonomo. Nella terrazza si consumano polemiche sul cinema, si fa ironia sui critici intellettuali che non amano le commedie, si punta il dito sugli attori falliti che tornano dall’America senza aver avuto successo e si stigmatizza lo stato di salute della commedia all’italiana. Il film è un eccezionale contenitore di idee: bisognerebbe studiare ogni dialogo e persino le frasi sussurrate per comprendere un’epoca storica descritta con abbondanza di particolari. Citiamo la sora Lella, portinaia del palazzo dove vive Trintignant, che si rivolge a un fruttarolo usando le parole dei critici che disprezzano la commedia. Lo scrittore in crisi rinfresca le idee al rullo della macchina da scrivere sotto l’acqua del lavabo, e dalle sue battute non vengono fuori parole ma immagini di Charlot, Totò, Marilyn e infine Stalin (così il critico sarà contento). Trintignant inventa al telefono con Tognazzi una finta storia sui neoconformismi e sulla colonizzazione culturale americana, ma soprattutto improvvisa una sceneggiatura volgarissima che al produttore piace, perché fa ridere. Il cruccio esistenziale dello sceneggiatore è che non può scrivere cose che non fanno ridere. L’episodio con protagonisti Marcello Mastroianni e Carla Gravina è emblematico, ci sono frasi stupende che sottolineano un amore in crisi, come Questa cena non avrà ricordi, ma tutto il dialogo è un capolavoro di incomunicabilità. Il marito parla di sentimenti, la moglie di lavoro, entrambi comprendono che per il loro amore non c’è futuro. Serge Reggiani compone la maschera tragica del funzionario Rai che muore suicida sotto la neve di scena di Capitan Fracassa perché non comprende più il proprio lavoro, si sente inutile in un’azienda che pensa soltanto al denaro. Il film lancia frecciate alla sinistra italiana e difende il ruolo dei cineasti: La Rivoluzione non la fa chi dovrebbe, perché la dovrebbe fare il cinema? Tognazzi è un perfetto produttore volgare, fa un film che non comprende e che non apprezza, finto intellettuale, trasgressivo, che cavalca una moda, solo per compiacere la moglie. Basta ridere! Bisogna mettersi al passo! Alla critica piacciono i film drammatici! Ma non crede neppure lui a quel che dice, anche perché non ha capito niente del film. Gassman dà vita a una toccante figura di politico innamorato, la crisi del partito comunista è anche la sua crisi di un borghese che non se la sente di far soffrire la moglie per una passione da diciottenne. Scola cita pure Totò in una scena al bar dove Gassman e la Sandrelli conversano di spalle per non far capire che sono insieme. Lo scandalo scoppia ugualmente perché l’onorevole finisce sulla copertina di Eva Express. Emblematica la domanda che si pone il politico: È lecito essere felici anche se questo crea infelicità? Da citare anche una parte onirica dove Gassman pensa di fare un discorso all’assemblea per illustrare il suo tormento interiore ai compagni. In terrazza non si dimentica il litigio con la Sandrelli che si dichiara molto più a sinistra di lui: “Ah, sì? E a che ora è la Rivoluzione? Si deve venire già mangiati?”. Ma anche frasi come: “Mentre voi leggevate Proust noi facevamo la Resistenza” sono il sale del film.

Nel finale tutti i personaggi si ritrovano in terrazza, vediamo anche le comparsate amichevoli dello storico Lucio Villari e del regista Ugo Gregoretti. Il regista non dà risposte, continua a lanciare provocazioni e riprende con freddezza l’esplodere dei conflitti. Questa è la forza del film: rappresentare una situazione, indicare contraddizioni e crisi, porre domande e dubbi, senza essere didascalico. Tognazzi vorrebbe ricominciare a far ridere, ma lo sceneggiatore si ribella. Fa ridere? Con questa domanda hai distrutto la mia vita! grida. E sembra impazzito. Un attore in crisi decide di tornare in Venezuela e di mollare tutto perché i suoi compagni sono patetici. Il film termina con una serie di canzoni popolari che gli uomini interpretano al piano tra di loro, mentre le donne conversano. La macchina da presa esce con discrezione dalla finestra e lascia i personaggi alla loro vita, che in ogni caso deve andare avanti.

Musiche come sempre del grande Trovajoli, che miscela Lucio Dalla e Vivaldi in una sinfonia di struggente intensità; fotografia crepuscolare di Pasqualino De Santis, montaggio di Raimondo Crociani.

La macchina da presa di Scola, mai così ispirata, trasforma in immagini poetiche ed evocative un gruppo di personaggi in crisi, descritti magistralmente dalle penne intrise di sarcasmo e ironia di Age e Scarpelli.  Attori straordinari, una vera e propria sfilata di stelle, con Trintignant, Tognazzi e Gassman davvero ben calati nei ruoli, senza niente togliere a Reggiani, Sandrelli, Gravina e Colli. La ragazzina sulla terrazza, abbordata da Mastroianni, è Marie Trintignant, figlia del grande attore francese.

Esistono versioni diverse in cui non sempre si vedono tutti i registi e gli intellettuali nella parte di loro stessi. La versione uscita in dvd – da noi visionata per scrivere il pezzo – è la più breve ed è priva dell’episodio dove compare una sorta di caricatura di Carlo Rambaldi.

La critica. Paolo Mereghetti (tre stelle): “Senza togliere nulla all’attenta regia di Scola, La terrazza appare come il film summa degli sceneggiatori allora sessantenni Age e Scarpelli. Le vicende individuali dei protagonisti maschili s’inscrivono nel bilancio (fallimentare) della generazione a cui appartengono i due autori… satira, patetismo e lucidità impotente s’intrecciano con grande efficacia. Percorso da una vena sottile di misantropia e da espliciti sentimenti misogini, rimane ancora oggi un punto fermo nella filmografia del regista e un fondamentale punto interrogativo sullo stato del cinema italiano alla vigilia degli anni Ottanta”. Conferma tre stelle Morando Morandini: “Commedia all’italiana di esperta fattura nella quale ci si piange un po’ addosso, in modi tipicamente romanocentrici, ma qualche freccia arriva al bersaglio. Non tutto allo stesso livello, ma nell’insieme funziona”. Pino Farinotti non è da meno (tre stelle): “Un film accorato e a tratti molto lucido, che pubblico e critica si sono divertiti a interpretare a chiave, riconoscendo nei vari personaggi protagonisti autentici della cultura italiana”.
La terrazza viene definito una sorta di post scriptum alla storia della commedia all’italiana (Lourcelles), altri sono meno entusiasti e ne parlano come di un quadretto della condizione pseudointellettuale e sostanzialmente piccolo borghese dell’intellettualità cinematografica (Micchiché). Carla Gravina vince la Palma d’Oro a Cannes come miglior attrice non protagonista, ma un premio lo meriterebbero Age e Scarpelli, che scrivono la loro opera più rappresentativa. Cinema sberleffo ai critici, alla televisione, ai produttori cialtroni, ai registi velleitari, agli stessi attori che non vogliono uscire di scena, in una parola sberleffo alla vita e alla sua rappresentazione.

Regia: Ettore Scola. Soggetto e Sceneggiatura: Age (Agenore Incrocci), Furio Scarpelli, Ettore Scola. Fotografia: Pasqualino De Santis. Montaggio: Raimondo Crociani. Colore: Technospes. Scenografia e Ambientazione: Luciano Ricceri. Costumi: Ezio Altieri. Musiche: Armando Trovajoli. Edizioni Musicali: Cam. Brano Musicale: Concerto n. 8 in La Minore di Antonio Vivaldi (RCA). Direttore di Produzione: Giorgio Scotton. Aiuto Regista: Paola Scola. Assistente alla regia: Gianfrancesco Lazotti. Operatore alla Macchina: Mauro Cimini. Fotografo di Scena: Paul Ronald. Fonico Presa Diretta: Vittorio Massi. Teatri di Posa: Incir – De Paolis (Roma). Doppiaggio: Cooperativa Doppiatori. Sincronizzazione: CDS. Mixage: Danilo Moroni. Produttori: Pio Angeletti, Adriano De Micheli. Paesi di Produzione: Italia – Francia. Case di Produzione: Dean Film – International Dean Film (Roma), Film Marceau Cocinor (Paris). Pellicola: Kodak Eastmancolor. Interpreti: Ugo Tognazzi, Vittorio Gassman, Jean-Louis Trintignant (doppiato da Francesco Carnelutti), Marcello Mastroianni, Serge Reggiani, Stefano Satta Flores, Stefania Sandrelli, Carla Gravina, Ombretta Colli, Age, Galeazzo Benti, Milena Vukotic, Leo Benvenuti, Ugo Gregoretti, Lucio Lombardo Radice, Francesco Maselli, Mino Monicelli, Claudio Sestieri, Lucio Villari, Helena Ronée, Marie Trintignant, Venatino Venantini, Ritza Brown, Olimpia Carlisi, Simonetta Del Frate, Graziella Galvani, Fabio Garriba, Margherita Horowitz, Elisa Mainardi, Maurizio Micheli, Remo Remotti, Fausto Schermi, Marie Claire Solleville, Gheorghieva Danon Zora.

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Gordiano Lupi (Piombino, 1960), Direttore Editoriale delle Edizioni Il Foglio, ha collaborato per sette anni con La Stampa di Torino. Ha tradotto i romanzi del cubano Alejandro Torreguitart Ruiz e ha pubblicato numerosissimi volumi su Cuba, sul cinema e su svariati altri argomenti. Ha tradotto Zoé Valdés, Cabrera Infante, Virgilio Piñera e Felix Luis Viera. Qui la lista completa: www.infol.it/lupi. Ha preso parte ad alcune trasmissioni TV come "Cominciamo bene le storie di Corrado Augias", "Uno Mattina" di Luca Giurato, "Odeon TV" (trasmissione sui serial killer italiani), "La Commedia all’italiana" su Rete Quattro, "Speciale TG1" di Monica Maggioni (tema Cuba), "Dove TV" a tema Cuba. È stato ospite di alcune trasmissioni radiofoniche in Italia e Svizzera per i suoi libri e per commenti sulla cultura cubana. Molto attivo nella saggistica cinematografica, ha scritto saggi (tra gli altri) su Fellini, Avati, Joe D’Amato, Lenzi, Brass, Cozzi, Deodato, Di Leo, Mattei, Gloria Guida, Storia del cinema horror italiano e della commedia sexy. Tre volte presentato al Premio Strega per la narrativa: "Calcio e Acciaio - Dimenticare Piombino" (Acar, 2014), anche Premio Giovanni Bovio (Trani, 2017), "Miracolo a Piombino – Storia di Marco e di un gabbiano" (Historica, 2016), "Sogni e Altiforni – Piombino Trani senza ritorno" (Acar, 2019).

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