La casa del tappeto giallo

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Carlo Lizzani, uomo di cinema a tutto tondo capace di passare dalla critica storica di una materia alla sua realizzazione, ci manca ormai dal 2013. Restano le sue opere, una fondamentale Storia del cinema italiano, i primi film di taglio neorealista, i documentari, gli sceneggiati televisivi ispirati a capolavori letterari (Fontamara, Un’isola), molti lungometraggi importanti. Il suo primo lavoro nel cinema è Il sole sorge ancora (1946), da interprete (don Camillo, il prete fucilato) e sceneggiatore; subito dopo, la collaborazione con Rossellini per Germania anno zero e il debutto da documentarista (Nel mezzogiorno qualcosa è cambiato, Modena, Togliatti è tornato). Sceneggiatore prolifico, autore di Riso amaro, Il mulino del Po, Caccia tragica, Non c’è pace tra gli ulivi, debutta da regista con il neorealista Achtung! Banditi!, per rievocare la resistenza. Regista impegnato politicamente, si dedica a un cinema di denuncia dei mali della società contemporanea (delinquenza, banditismo, prostituzione, terrorismo, violenza giovanile) senza tralasciare l’aspetto spettacolare. Tra i suoi film memorabili: Banditi a Milano (1968), Roma bene (1971), Torino nera (1972), Mussolini ultimo atto (1973), San Babila ore 20: un delitto inutile (1975), L’addio a Enrico Berlinguer (1984), Celluloide (1996).

La casa del tappeto giallo (1982) potrebbe sembrare un film minore nel contesto di una produzione socialmente impegnata: a prima vista si tratta di un giallo quasi completamente girato all’interno di un appartamento, ispirato a una pièce teatrale di Aldo Selleri (Teatro a domicilio). Paolo Mereghetti non lo reputa degno di alcuna considerazione, lo tratta con disprezzo intellettuale definendolo soltanto un giallo. Molto meglio Morando Morandini, che mette in evidenza una confezione perfetta sia da un punto di vista scenografico che di scrittura.

In breve la trama, complessa e ricca di colpi di scena. Franca (Romand) è tormentata da incubi notturni nei quali rivive il rapporto intimo con il patrigno; il marito Antonio (Mezzogiorno) si è reso conto di tutto da tempo, spia i sogni della moglie e per gelosia medita persino di ucciderla. La coppia mette un’inserzione sul giornale per vendere un ingombrante tappeto giallo, regalo del patrigno ed elemento importante di certi sogni erotici. Un sabato mattina il marito deve uscire per un contrattempo; alla porta si presenta uno strano professore (Josephson) che – dopo aver convinto Franca che vuol comprare il tappeto – mette in scena un inquietante teatro per farle rivivere le sue fantasie erotiche. La donna, in uno scatto d’ira, giunge a uccidere l’uomo con un coltello lasciato incustodito; subito dopo si presenta la moglie dello strano personaggio (Vukotic), che definisce il marito un mitomane, un ex attore decaduto e malato che vaga di casa in casa improvvisando ruoli che nessuno più gli assegna. Niente è come sembra, l’uomo è ancora vivo, intriso di sangue si alza e si avvicina a Franca, che sviene per il terrore. La scena cambia. Vediamo il marito rientrare a casa e cercare di convincere la moglie che si è trattato di un incubo, niente è accaduto di quel che sta immaginando, si tratta solo di fantasie. Un ulteriore colpo di scena fa capire come sia stato Antonio a organizzare tutto, chiedendo aiuto a due psichiatri sperimentali per far rivivere gli incubi alla moglie e liberarla da un’insana passione. Non è ancora finita: lo strano personaggio è davvero un ex attore uxoricida, e la compagna psichiatra ne ha ottenuto la tutela dopo un periodo passato in manicomio criminale. Il piano è stato architettato con una variabile finale, una pillola, consegnata ad Antonio in caso di necessità, da usare soltanto se la moglie avrà nuove crisi, come ultimo atto della commedia. La pillola, in realtà, è un potente veleno che una volta assunto non lascia tracce, solo che a prenderla non sarà la donna, ma il marito, rincuorato dal fatto che gli incubi erotici sul patrigno sono terminati.

Commedia teatrale e psicologica, claustrofobica, sceneggiata alla perfezione, un colpo di scena dopo l’altro: a tratti sembra di assistere a una pièce di Ionesco o di Beckett, ma siamo pur sempre nella struttura di un giallo. Una spruzzata di Antonioni sull’incomunicabilità del mondo maschile e femminile, soprattutto l’utilizzo del genere, come abitudine di Lizzani, per fare spettacolo e al tempo stesso dire altro.

Regia perfetta, uso del piano sequenza nelle scene iniziali e finali, molte soggettive, primi piani, inquadrature originali e insolite, soprattutto nel convulso finale. Musica intensa di Stelvio Cipriani, da cinema thriller, per contribuire al crescendo enigmatico di tensione. Fotografia cupa di una Roma periferica che si intravede con i suoi condomini popolari nelle prime sequenze e alla fine del film, come in un romanzo circolare, proustiano.

Tutto si svolge all’interno di un appartamento, dove il protagonista sembra proprio un ingombrante tappeto giallo con tutti i segreti erotici che contiene. La trama è messa in scena da quattro ottimi attori. Erland Josephson (doppiato da Renato Mori) è un grande interprete svedese che ha lavorato con Bergman e Tarkovskij, perfetto con il suo sguardo allucinato come inquietante professore, finto psichiatra ed ex attore uxoricida. Milena Vukotic è teatrale al punto giusto, prima nel ruolo di moglie, poi come compita psichiatra, infine perversa complice di un folle individuo. Vittorio Mezzogiorno, scomparso a soli 52 anni, è diligente nei panni di un marito geloso e innamorato. La franco-algerina Béatrice Romand (doppiata da Anna Rita Pasanisi) è la più giovane ma non la meno brava e, anche se non ha lavorato molto nel cinema, si ricorda per alcune opere di Éric Rohmer (Racconto d’autunno -1998 – è il suo ultimo film).

Un giallo psicologico, cinema da camera, se mi si passa il termine, dove la messa in scena è l’elemento fondamentale, così come il rapporto tra realtà e finzione. Lizzani mette sul piatto di un thriller ben confezionato la complessità delle relazioni interpersonali, la vita quotidiana di una coppia che abita in un condominio periferico romano, il senso pirandelliano della vita come commedia di maschere, il sogno e l’apparenza che danno il cambio alla concretezza della vita.

Un film da rivalutare, da rivedere senza pregiudizi intellettuali, sgombrando il campo dalla ben nota idiosincrasia dei nostri critici più conformisti nei confronti del cinema di genere.


Regia: Carlo Lizzani. Soggetto: Aldo Selleri (pièce Teatro a domicilio). Sceneggiatura: Filiberto Bandini, Lucio Battistrada. Fotografia: Giuliano Giustini. Montaggio: Angela Cipriani. Musiche: Stelvio Cipriani. Edizioni Musicali: Bandem. Costumi: Pamela Aicardi, Lina Nerli Taviani. Scenografia: Elena Ricci Poccetto. Trucco: Silvana Petri. Direttore di Produzione: Paolo Lucidi. Aiuto Regista: Maria Teresa Elena, Fabrizio Giordani. Operatore alla Macchina: Giancarlo Martella. Fonico: Carlo Palmieri. Fotografo di Scena: Guglielmo Coluzzi. Produttore: Filiberto Bndini. Casa di Produzione: R.P.A. Cinematografia, Rai – Radio Televisione Italiana. Distribuzione: Gaumont Italia. Sviluppo e Stampa: Telecolor. Titoli, effetti ottici: Moviecam 2000. Mixage: Danilo Moroni. Doppiaggio: CDC. Genere: giallo, drammatico. Teatri di Posa: Rpa – Elios. Interpreti: Erland Josephson (Il professore), Béatrice Romand (Franca), Vittorio Mezzogiorno (Antonio), Milena Vukotic (la psichiatra).
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Gordiano Lupi (Piombino, 1960), Direttore Editoriale delle Edizioni Il Foglio, ha collaborato per sette anni con La Stampa di Torino. Ha tradotto i romanzi del cubano Alejandro Torreguitart Ruiz e ha pubblicato numerosissimi volumi su Cuba, sul cinema e su svariati altri argomenti. Ha tradotto Zoé Valdés, Cabrera Infante, Virgilio Piñera e Felix Luis Viera. Qui la lista completa: www.infol.it/lupi. Ha preso parte ad alcune trasmissioni TV come "Cominciamo bene le storie di Corrado Augias", "Uno Mattina" di Luca Giurato, "Odeon TV" (trasmissione sui serial killer italiani), "La Commedia all’italiana" su Rete Quattro, "Speciale TG1" di Monica Maggioni (tema Cuba), "Dove TV" a tema Cuba. È stato ospite di alcune trasmissioni radiofoniche in Italia e Svizzera per i suoi libri e per commenti sulla cultura cubana. Molto attivo nella saggistica cinematografica, ha scritto saggi (tra gli altri) su Fellini, Avati, Joe D’Amato, Lenzi, Brass, Cozzi, Deodato, Di Leo, Mattei, Gloria Guida, Storia del cinema horror italiano e della commedia sexy. Tre volte presentato al Premio Strega per la narrativa: "Calcio e Acciaio - Dimenticare Piombino" (Acar, 2014), anche Premio Giovanni Bovio (Trani, 2017), "Miracolo a Piombino – Storia di Marco e di un gabbiano" (Historica, 2016), "Sogni e Altiforni – Piombino Trani senza ritorno" (Acar, 2019).

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