Character – Bastardo eccellente

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Nella Rotterdam degli anni Venti, il giovane avvocato Jacob Katadreuffe, ancora praticante, viene arrestato nonostante si proclami innocente, per omicidio. Avrebbe assassinato Dreverhaven, banchiere e ufficiale giudiziario che il ragazzo ha combattuto a distanza durante tutta la sua giovinezza, che viene rievocata durante l’interrogatorio. Dreverhaven è stato uno dei più implacabili persecutori della classe operaia della città, intervenendo senza alcuna pietà in occasione degli sfratti esecutivi. Jacob è il figlio illegittimo di Dreverhaven e della sua domestica, Joba. Cresciuto in povertà, ha cercato di emanciparsi ma, ottenuto un prestito per acquistare una tabaccheria, è finito in bancarotta e ha dovuto affrontare un processo per debiti. Ciò non ostante riesce a scalare la gerarchia malgrado l’ostilità del genitore, che scopre essere il proprietario della banca che gli ha concesso il prestito.

 Il titolo originale del film sarebbe stato senz’altro più adatto a rappresentare questa storia: “Carattere” è la perfetta sintesi del conflitto che Van Diem mette in scena, quello, appunto, tra caratteri ferrei e non disposti a piegarsi. Il più forte dei tre è quello di Joba, la madre silenziosa al centro della contesa tra gli altri due.

Premiata con l’Oscar quale migliore film straniero, questa pellicola tratta da due racconti di Ferdinand Bordewijk mette in campo molti argomenti senza risolverne, volutamente, nessuno. Lo scopo di Van Diem è quello di narrare la storia dei personaggi e di portarla a compimento, non di fornire risposte. E questo è senz’altro un pregio, perché al termine della visione avvertiamo comunque la vicenda conclusa, senza falsi moralismi e senza finali emotivamente ricattatori. I personaggi sono maschere tragiche, vittime e contemporaneamente carnefici di un dramma che affonda le proprie radici nella funzione del denaro, vero fulcro della vicenda, e nella morale calvinista.

Si ha quasi l’impressione di aver letto un romanzo, più che di aver guardato un film, tanto è intensa la letterarietà della trama, ma ciononostante il ritmo è ottimo, la storia regge bene e la sceneggiatura è impeccabile: un perfetto congegno a orologeria, con una tensione palpabile e coinvolgente, costruito, per una volta, non per un insulso filmetto d’azione, ma per una storia di ben altra caratura.
La fattura del film è perfetta, direi addirittura a regola d’arte, come la ricostruzione d’epoca, e forse per questo un po’ fredda: ma è una scelta obbligata, data la freddezza del paesaggio e dei personaggi che lo popolano. Inappuntabili anche gli attori, ognuno perfetto nel proprio ruolo.
Se il cinema “d’autore” avesse maggiori sceneggiature così ben scritte su cui appoggiarsi, probabilmente non scoraggerebbe gran parte del pubblico.

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Heiko H. Caimi, classe 1968, è scrittore, sceneggiatore, poeta e docente di scrittura narrativa. Ha collaborato come autore con gli editori Mondadori, Tranchida, Abrigliasciolta e altri. Ha insegnato presso la libreria Egea dell’Università Bocconi di Milano e diverse altre scuole, biblioteche e associazioni in Italia e in Svizzera. Dal 2013 è direttore editoriale della rivista di letterature Inkroci. È tra i fondatori e gli organizzatori della rassegna letteraria itinerante Libri in Movimento. ha collaborato con il notiziario "InPrimis" tenendo la rubrica "Pagine in un minuto" e con il blog della scrittrice Barbara Garlaschelli "Sdiario". Ha pubblicato il romanzo "I predestinati" (Prospero, 2019) e ha curato le antologie di racconti "Oltre il confine. Storie di migrazione" (Prospero, 2019), "Anch'io. Storie di donne al limite" (Prospero, 2021) e "Ci sedemmo dalla parte del torto" (Prospero, 2022, insieme a Viviana E. Gabrini). Svariati suoi racconti sono presenti in antologie, riviste e nel web.

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