Dopo nove anni Basin City, la città del peccato, è ancora crocevia di storie e personaggi folli, depravati e assassini senza scrupoli…
Quando si compra un fumetto di solito il primo numero si acquista per i disegni poi, se la lettura è piacevole, il secondo per la storia e se si arriva al terzo è davvero amore.
Con i fumetti di Sin City, serie ambientata nel cuore oscuro dell’America più pulp in assoluto, è stato subito così grazie all’idea del maestro americano di comics Frank Miller di giocare non solo sui contenuti degni dei miglior autori hard-boiled quali Chandler, Hammet o Spillane ma di dare lustro a un rigoroso bianco e nero spruzzato qua e là di colore ma col bianco che drammatizzava e sottolineava il racconto visivo facendo così di Sin City, il fumetto, un prodotto quasi più europeo che americano dove supereroi e colore dominano il mercato.
Quel mondo pulp intriso di eroi negativi e femmes fatale da celluloide è approdato al cinema nel 2005. Il regista Robert Rodriguez, usando raffinate tecniche digitali e attori che sembravano usciti dalle pagine, realizza un gioiello di “cinecomic” Il primo film dove è la celluloide che onora la carta stampata e non viceversa.
Seguono “300” del 2006, da un altro fumetto di Miller, e “The Spirit” del 2008 scritto e diretto dallo stesso Miller che però fatica a trovare una lettura moderna del classico di Will Eisner, mentre Rodriguez a ogni intervista o Comic-Con annunciava che forse sono pronti a fare il secondo film, che il prossimo è l’anno buono fino ad arrivare al 2011 con tante chiacchere ma un nulla di fatto.
Alla fine Sin City 2 uscirà ad Agosto 2014.
Come un dolce rimasto troppo tempo in forno, sarà qualcosa per cui è difficile dare un giudizio positivo per quanto gli autori hanno cercato di offrire ancora quella formula che nel 2005 aveva tanto appassionato ma che oggi lascia come un gusto amaro: come di qualcosa che forse era meglio consumare finché era caldo e fragrante.
Il vero peccato è che il sogno del vero fumetto al cinema ha avuto un brutto risveglio.
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Come nei fumetti i seguiti al cinema sono piacevoli se sì la formula si ripete, ma si aggiunge qualcosa di nuovo. Se i temi sono sempre quelli, gli attori fanno le stesse cose, sesso e violenza tanto per restare svegli (ma con dietro la televisione che fa tutto questo -e anche meglio) ci si chiede perché non fare una miniserie tv come lo stesso Rodriguez propone oggi col suo “Dal Tramonto all’Alba”. Per un autore abituato a fare grandi film con pochi mezzi avere 60 milioni da spendere, forse finiti in tasca ai vari attori o marketing, fare un “mezzo seguito-mezzo prequel” abbastanza confuso, dove però ne incassi a malapena la metà mentre il primo era stato un successo mondiale è un brutto colpo.
Su Netflix o Cinemax magari con attori quasi sconosciuti si potevano fare nove puntate, adattare più storie magari usando solo quelle dei fumetti, e il pubblico si sarebbe alzato in piedi invece che russare in sala. Eva Green nell’episodio centrale che da il titolo al film è una perfetta e sensuale dark lady ma purtroppo il resto non è allo stesso livello di perfezione e anche Mickey Rourke che ripropone il suo Marv morto nel primo film annoia invece di appassionare.
Un terzo Sin City diventa sempre più improbabile.