Tommy Orange – Non qui, non altrove

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Le vicende di dodici personaggi, tutti nativi americani e residenti a Oakland, ruotano intorno all’organizzazione di un powwow: un ingenuo sbandato tossicodipendente, un giovane documentarista fresco di borsa di studio, un uomo consumato dalla depressione che ha bruciato la sua laurea in letteratura e ora vive su internet, un ragazzino che intende imparare le danze tradizionali nonostante l’opposizione della nonna, una donna cresciuta durante l’occupazione di Alcatraz e la sorella che non riesce a superare un grave lutto, un veterano del Vietnam sono solo alcuni dei protagonisti di questa emblematica storia di coraggio e rivendicazione, dalla quale traspaiono rabbia, voglia di rivalsa ma anche lucida analisi.

Il libro si apre con la descrizione del monoscopio con il quale la tv statunitense fino agli anni Ottanta interrompeva le trasmissioni: un indiano con il classico copricapo di piume, inquadrato da un mirino; in questa immagine è riassunta tutta la difficile e drammatica storia del percorso di integrazione dei nativi americani, sia che siano rimasti nelle riserve, sia che si siano adattati al tessuto urbano e sociale delle grandi città.

 Quella che racconta Tommy Orange, qui al suo esordio letterario, è una storia di sangue e distruzione, ma è lontana dallo stereotipo che vuole la narrativa ambientata nelle riserve sinonimo di storia triste destinata a lettori bianchi che, commuovendosi un po’, si illudono di aver espiato la loro colpa verso i nativi. Per questo l’autore sceglie di collocare il suo romanzo in città e di far agire una galleria di personaggi che, integrati o meno, affrontano sfide e difficoltà non diverse da quelle di ogni altro americano contemporaneo; e il riferimento all’indiano del monoscopio è un atto d’accusa forte e preciso verso una società che li ha sempre considerati null’altro che trofei da esibire.

Il romanzo di Tommy Orange tratta con piglio diretto la questione dell’integrazione dei nativi e del difficile recupero di un’identità che vada oltre le apparenze e gli stereotipi, ma non è l’unico spunto di riflessione offerto da un’opera stupefacente che si muove in perfetto equilibrio tra inchiesta e narrativa: i dodici personaggi che si dedicano, per ragioni molto diverse, all’organizzazione del powwow, mostrano i diversi aspetti di una società che ha trasformato la cultura in spettacolo e che costringe le minoranze a convertire quanto c’è di più sacro in marketing da “visualizzazione”, pur di poterlo preservare e tramandare.

Nonostante uno stile narrativo cui avrebbe giovato una maggior sorveglianza nella gestione dei sentimenti, Non qui, non altrove è un romanzo coinvolgente, interessante e decisamente attuale: merita una lettura attenta e ci fa comprendere a fondo la complessità del problema delle minoranze e dell’integrazione, non solo in America.

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Valentina Leoni è musicista e storica dell'arte, ha scritto e scrive recensioni e articoli riguardanti libri e fumetti per diversi siti. Attenta conoscitrice della cultura giapponese, ha fatto parte del comitato scientifico della mostra Dai Samurai a Mazinga Z (Casa dei Carraresi, Treviso ottobre 2014) ed è da anni collaboratrice di Radio Animati per la quale ha curato di recente la trasmissione Yatta: Luoghi Non Comuni sull'Animazione Giapponese.

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