Tommaso Landolfi – Racconto d’autunno

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Durante la seconda guerra mondiale un partigiano, braccato dalle truppe nazifasciste, trova rifugio in una villa decadente, sperduta fra i boschi; anfitrione del fuggiasco è un vecchio che, suo malgrado, lo accoglie. L’antica dimora, però, non si rivela un porto sicuro: rumori soffocati, sparizioni misteriose e un quadro, raffigurante una donna dalla bellezza conturbante, convincono il fuggitivo a prolungare la permanenza nella casa e a scoprirne i segreti.

Racconto d’autunno fu pubblicato da Vallecchi nel 1947, epoca in cui il neorealismo monopolizzava le opere cinematografiche e, soprattutto, letterarie. Erano gli anni di Pratolini, di Flaiano, di Pavese, ma in tale contesto la voce di Landolfi risuonò originalissima e dissonante.
Nel romanzo, infatti, la guerra, che è il motore della vicenda, rimane sullo sfondo: di essa giungono alla villa echi lontani e lo stesso protagonista, soggiogato dal fascino sinistro della magione e dei suoi abitanti, ricorda a stento il conflitto.
Già nel contenuto, dunque, il romanzo di Landolfi è spiazzante: la vicenda, pur prendendo le mosse dalla guerra, spunto abusato dalla narrativa del tempo, devia verso il surreale e il gotico, contemplando molti elementi del genere: la villa labirintica, il vecchio in odor di negromanzia, lo spettro di una dark lady, la fanciulla da salvare e una sensualità morbosa, intrisa di sadismo, decisamente audace per l’epoca.
Nemmeno il tragico epilogo con il coraggioso (per quei tempi) accenno alle marocchinate del 1944, è sufficiente a conferire una patina di neorealismo all’opera.

È la lingua, però, che, ancor più della trama, alimenta l’impressione di straniamento: lo stile del romanzo è ottocentesco, erudito e aulico, intriso di parole desuete, e la costruzione delle frasi, benché sintatticamente ineccepibile, fa ampio uso di inversioni e di ipotassi, che costringono il lettore a tornare più volte sullo stesso periodo. Landolfi, rileva la critica, avvertiva un senso di estraneità alla propria epoca, pertanto la scelta dei contenuti e dello stile esprime lo spaesamento dell’autore, il suo sentirsi fuori luogo e fuori tempo, creando un analogo disorientamento nel lettore.

La lettura dell’opera è a tratti faticosa e, non a caso, i suoi libri furono definiti narrativa per scrittori, poco adatta al grande pubblico. Eppure in un panorama editoriale qual è quello presente, fortemente improntato al compiacimento del gusto medio, l’incontro con una scrittura poco immediata e di grande raffinatezza è un’esperienza salutare che ripaga la fatica.

Un romanzo e uno stile narrativo di indubbio fascino.

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