Più che di un “romanzo breve”, come indicato all’interno del libro, sembra di trovarsi di fronte al riassunto di un romanzo: l’autore predilige una narrazione adatta anche a bambini ragazzi, adottando il punto di vista di un ragazzino. Così facendo, però, lascia l’impressione che manchi il desiderio di approfondire una storia che sembra basata sulle proprie memorie, ma che non ha la sufficiente profondità di sguardo.
Storia di guerra subita, di condizioni di vita al limite della sopravvivenza, a contatto con personaggi ora tragici ora bislacchi, fino al termine dei bombardamenti e all’esposizione del cadavere di Mussolini: lo sfondo è preciso e angosciante, le percezioni distorte (o rese più pure?) dallo sguardo dei bambini, che vedono nel lancio dei bengala uno spettacolo pirotecnico mentre in realtà piove la morte; nei morti c’è una certezza di resurrezione, in un presunto criminale un padre putativo migliore del proprio, grazie al rigore dell’innocenza, che non permette trucchi e inganni, ma illusioni teneramente fantastiche. Un’innocenza che permette di smascherare ipocrisie, inganni e incoerenze degli adulti, di considerare Dio antipatico, di convivere con la guerra come un fatto naturale, di credere alla leggenda delle uova di garofano.
Recuperando il proprio sguardo di bambino, Agosti scrive una favola vissuta, sospesa tra realismo e irrealtà, discontinua e diseguale nel suo svolgersi ma apprezzabile sia nelle intenzioni che in alcune scene memorabili. Un libro imperfetto ma intelligente, da cui l’autore ha tratto anche un film, diverso nell’impostazione ma con gli stessi pregi e difetti del libro.
Il volume è impreziosito dai bei disegni di Laszlo e Milo Geleng (rispettivamente di sette e otto anni), in grado di gettare uno sguardo lucido sulle cose più dei calcoli grafici di qualunque adulto.