Shirley Jackson – L’incubo di Hill House

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Quello della casa infestata è un topos della letteratura dell’orrore. Tra i romanzi che maggiormente hanno riempito il nostro immaginario di magioni abitate da inquietanti presenze ci sono Il giro di vite di Henry James e L’incubo di Hill House di Shirley Jackson.
Pubblicato nel 1959 con il titolo originale The Haunting of Hill House, quello della Jackson è un classico del genere, fonte di ispirazione per tantissimi scrittori (fra cui Stephen King), trasposto più volte sul grande schermo (Gli invasati di Robert Wise nel 1963 e Presenze di Jan de Bont nel 1999) e su quello piccolo (la serie tv Hill House di Mike Flanagan, uscita nel 2018 su Netflix).

La trama della ghost story scritta dalla Jackson è semplice: quattro personaggi si chiudono volontariamente a Hill House, nota casa stregata, per osservarne l’attività paranormale. Sono l’antropologo professor Montague, il gioviale Luke, nipote della proprietaria, la vivace artista Theodora e la timida e insicura Eleanor. Proprio quest’ultima è la vera protagonista del romanzo: trentaduenne, Eleanor Vance non è sposata; vive prima con la madre, poi con la famiglia della sorella; la sua esistenza trascorre monotona, solitaria, vuota fino a quando non riceve la lettera del professor Montague, che la invita a trascorrere l’estate a Hill House. Da quel momento incomincia per lei una nuova avventura, che però si trasformerà presto in un incubo.

Eleanor è una delle donne invasate di Shirley Jackson, autrice raffinata che delinea con maestria la psicologia tormentata delle sue protagoniste: come la Lizzie dell’omonimo romanzo e le sorelle Blackwood di Abbiamo sempre vissuto nel castello, Eleanor è una donna fragile, mentalmente instabile e sulla soglia della psicosi. La scrittrice statuinetense riversa nelle opere letterarie i suoi personali disturbi interiori e li trasforma in storie dell’orrore. Nei suoi romanzi e nei suoi racconti  la paura non vive mai di eccessi, ma sempre di sottrazioni: il male, l’oscurità, la follia sono incubi quotidiani che si nascondono dietro ogni angolo, mettendo in dubbio tutte le certezze che sorreggono la razionalità.

Proprio di questo parla L’incubo di Hill House: della linea sottile che separa la sanità mentale dalla follia, dell’immaginazione di cui abbiamo bisogno per contrastare la crudezza della vita reale, come annuncia lo splendido incipit del libro: Nessun organismo vivente può mantenersi a lungo sano di mente in condizioni di assoluta realtà. L’abilità di Shirley Jackson è quella di mantenere accesa, dall’inizio alla fine, l’ambiguità. La bellezza del romanzo è la costante incertezza sull’esistenza o meno del soprannaturale, un dubbio che rimane anche dopo il finale aperto: i fantasmi esistono oppure sono il frutto di una psiche malata, la proiezione di un animo in subbuglio?

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Classe 1994, nata e cresciuta tra le colline dell’Oltrepò pavese, da sempre scrive, legge e guarda film. Dopo il liceo decide di seguire i suoi sogni: si laurea in Lettere moderne e in seguito studia Cinema allo IULM di Milano. Spettatrice onnivora, si nutre di ogni genere e crede con tutto il cuore nel potere della fantasia. Tra immagini in movimento e svolazzanti pagine di carta, vive perennemente tra le nuvole. Non riesce mai a rispondere alla domanda “qual è il tuo regista preferito?”.

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