Mattia Insolia – Gli affamati

0
650

Gli affamati, romanzo d’esordio del giovane Mattia Insolia (classe 1995), narra le vicende dei fratelli Acquicella, Paolo e Antonio, due ragazzi poco più che adolescenti, abbandonati dalla madre ed orfani di padre, che si svolgono nella cittadina di Camporotondo, immagine della provincia meridionale italiana.
Paolo, il fratello maggiore, lavora come operaio in un cantiere e pensa che questo lo autorizzi a dettare legge in casa; Antonio, invece, incarna il bravo ragazzo incompreso, amorevolmente succube della propria condizione sociale e della brutalità del fratello; ambedue sono vittime del contesto in cui sono cresciuti. Antonio spera di poter trovare nel rapporto con Anna, una sua coetanea, una relazione da coltivare e in cui rifugiarsi, mentre Paolo sfoga ripetutamente il proprio odio, dovuto per lo più all’incomprensione di se stesso e all’incapacità di elaborare l’affetto e i sentimenti positivi, in eccessi di brutalità; persino contro Oscar, ragazzo omosessuale verso il quale prova attrazione, non riuscendo ad accettare la propria fragilità davanti a costui.
Nei due mesi estivi che compongono l’arco narrativo, i fratelli hanno tempo di maturare e giungere a una silenziosa e amorevole comprensione reciproca, ma i comportamenti eccessivi di Paolo non gli consentono una redenzione. Antonio invece, aiutato dall’amico Italo, figura cardine per la sua maturazione, riuscirà a fuggire dall’angusta provincia al prezzo di dover convivere con un insanabile dolore.

Le pagine del romanzo scorrono velocemente, poiché non c’è nulla su cui soffermarsi. La storia ricalca vicende di provincia già lette e già viste, in condizioni sociali di povertà e disagio; è una storia di adolescenti a cui è stata strappata la giovinezza, che odiano la provincia ma ne sono intrisi. La “provincialità” è presentata, oltre che con un’insistenza martellante sul degrado delle giornate dei protagonisti e dell’ambiente che li circonda, tramite una scontata dicotomia di pensiero e di giudizio che divide la popolazione tra i ricchi, etichettati come fortunati o come predatori della vita, con ville, piscine e auto di lusso, e i poveri, sfortunati, emarginati e costretti, da circostanze pressanti come necessità, a lavori di manovalanza e a una vita di stenti.
Manca completamente una buona caratterizzazione emotiva dei personaggi, i quali, seppur riescono a svilupparsi e a crescere durante la narrazione, sono maschere stereotipate: l’uno, Antonio, incarna la figura del ragazzo incompreso e avvilito che pensa di portare sulle proprie spalle tutte le ingiustizie del mondo; l’altro, Paolo, è lo stereotipato individuo iracondo e incapace di elaborare un’immagine di sé che non sia brutale e violenta, giungendo a sovrapporre a se stesso l’immagine del padre tanto odiato. I due sono incapaci di dialogare con il mondo circostante, dal quale si sentono costantemente aggrediti e a cui rispondono soltanto attraverso la violenza. L’introduzione del tema dell’omosessualità repressa, inoltre, appare forzata e troppo abbozzata, allo stesso modo della comparsa della madre, personaggio poco incisivo e inadatto ad approfondire sia la relazione tra i figli e il genitore, sia quella tra i fratelli.
Lo stile cerca di essere accattivante e giovanile e sembra ispirarsi, nemmeno troppo velatamente, ai romanzi di Niccolò Ammaniti. L’utilizzo di un linguaggio che simuli il parlato, tuttavia, fallisce: il mero riportare sulle pagine modi di esprimersi del quotidiano, in un registro basso e volgare, non restituisce l’effetto della lingua parlata. Tanto la forma, volgare nei dialoghi ma punteggiata di elementi lirici nelle descrizioni del narratore esterno, quanto l’elaborazione dei personaggi sono privi di uno studio accurato che avrebbe reso l’intera opera più credibile, e godibile.

Al netto di un incipit ben riuscito, in grado di creare alte aspettative (considerato anche l’endorsement che il romanzo ha ricevuto e la proposta di candidatura al premio Strega 2021), il romanzo si rivela invece l’ennesima storia di provincia incapace di innovare il panorama all’interno del quale si propone. Un maggior studio dei personaggi e soprattutto del linguaggio avrebbero potuto renderla più realistica ed efficace.

SHARE
Articolo precedenteLa Banda
Articolo successivoThe Clash – London Calling
Nato a Pavia nel 1995, Federico Fornasino cresce nella città di Vigevano, tra le distese di risaie della campagna lomellina e un centro urbano, una volta importante nucleo dell’industria calzaturiera italiana, ora media provincia sperduta nei sobborghi sempre più ampi di Milano. Frequenta il Liceo Classico e, una volta diplomato, si iscrive alla facoltà di Filosofia presso l’Università Vita-Salute San Raffaele, dove consegue la laurea triennale con una tesi sul filosofo francese Vladimir Jankélévitch. Trasferitosi a Milano, prosegue gli studi filosofici magistrali all’Università degli Studi di Milano. Appassionato lettore e instancabile studioso, si diletta in letture di classici della letteratura occidentale e nell’approfondire autori e tematiche filosofiche di matrice esistenziale.

Lascia un commento

Scrivi un commento
Per favore inserisci qui il tuo nome

inserisci CAPTCHA *