Kenzaburo Oe – Un grido silenzioso

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Un grido silenzioso è un intenso dramma familiare, una tragica indagine introspettiva ma anche una profonda analisi politica.

Mitsu sta attraversando un periodo molto difficile: prima un incidente lo ha privato di un occhio, poi un caro amico si è suicidato in modo brutale, infine la nascita di un figlio ritardato ha messo in crisi il suo matrimonio e fatto scivolare sua moglie prima nella depressione, quindi nell’alcolismo. Un giorno Mitsu scopre di essere erede, insieme al fratello Takashi col quale non ha più contatti da tempo, di una vecchia casa in una regione montuosa e arretrata, luogo di origine della sua famiglia dove ancora aleggia, come uno spettro, la figura di un antenato che nel secolo XIX aveva guidato una rivolta di contadini, ottenendo di far mettere a ferro e fuoco la vallata dalle autorità imperiali.
Senza troppo entusiasmo, Mitsu accetta di recarsi al villaggio per trattare la vendita dell’immobile a una società intenzionata ad aprire, al suo posto, un supermercato. Scoprirà che il fratello vive lì, dove ha fondato una sorta di setta politica, e apprenderà quanto gli antichi rancori e l’odio di classe siano ancora vivi e, fomentati dall’attività sovversiva di Takashi, alimentino una letale spirale di violenza.

Il tema del ritorno alle origini è un topos letterario che spesso offre l’occasione di raccontare una rinascita spirituale, una riscoperta di se stessi e delle proprie origini; non è il caso di questo lungo romanzo nel quale si analizza la natura del male, inteso come legame che unisce individui ed epoche anche molto distanti tra di loro, attraverso il ritorno “a casa” del suo protagonista.

L’originalità di Un grido silenzioso consiste proprio nel rovesciamento dei più comuni luoghi letterari: il villaggio in mezzo ai monti, circondato da una foresta cupa che curiosamente richiama la selva oscura di dantesca memoria (Oe conosce molto bene la letteratura europea e sovente la cita), potrebbe rappresentare la salvezza per il protagonista, ma tutto appare ostile, dalla natura agli abitanti. Mitsu dovrà comunque scavare dentro di sé e nella storia del villaggio, per trovare la forza di reagire non alla violenza bob con la violenza e la sete di rivalsa, ma con la razionalità.
Suggestivo anche il tema dei rapporti familiari: Mitsu e Takashi, fratelli diametralmente opposti e coinvolti nella recrudescenza di odi settari scatenata all’epoca dalla ripartizione della terra, e oggi dalla costruzione di un supermercato, si trovano a rivivere le medesime esperienze dei loro avi, anch’essi fatalmente schierati su fronti avversi, creando un affascinante parallelo letterario, come se lo stesso personaggio fosse protagonista di due romanzi diversi, in epoche differenti. Questo parallelismo è uno dei cardini della poderosa tragedia messa in scena da Kenzaburo Oe, davvero impegnativa per lentezza e complessità della narrazione.

Per lettori appassionati di letteratura giapponese (stiamo parlando di un Nobel, non scordiamolo) perseveranti e impavidi.

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