Georges Simenon – L’uomo che guardava passare i treni

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Popinga, un tranquillo impiegato olandese vive una vita monotona ma rassicurante, al punto che il suo unico svago è osservare il transito dei treni. Un giorno, a causa della bancarotta del suo padrone, si trova senza lavoro e, improvvisamente libero da obblighi, si libera progressivamente da tutti i condizionamenti sociali, fino alle conseguenze più estreme, mentre fugge attraverso l’Europa.

L’uomo che guardava passare i treni ripropone il dilemma pirandelliano tra l’essere se stessi e l’uniformarsi ai ruoli che la società sceglie per noi, giocando sul labile confine che separa un assassino da un integerrimo padre di famiglia; la fuga di Popinga non sembra diversa da quella di Mattia Pascal, ma più crudele e amara è la riflessione dello scrittore belga, che descrive con occhio clinico la mentalità ristretta e arrogante del suo protagonista, convinto che il suo “genio” non sia mai stato apprezzato pienamente, evidenziando come la sua personalità sia alimentata da un latente bisogno di notorietà che diventa una dipendenza, al punto che finire sui giornali diviene l’obiettivo principale della sua metamorfosi criminale.

Romanzo dal ritmo sostenuto e dalle tematiche complesse, L’uomo che guardava passare i treni è una magistrale prova narrativa nella quale lo stile dello scrittore di gialli si alterna a quella dell’indagatore della psiche, ottenendo un racconto in equilibrio tra introspezione e azione, tra atmosfere oniriche che creano situazioni quasi assurde e scene realistiche capaci di incollarci alle pagine fino all’ottimo finale.

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