Barbara Ungar – Save Our Ship [Salvate la nostra nave]

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La straordinaria e ampia collezione di Barbara Ungar è preceduta da due epigrafi scelte in modo appropriato e che servono a introdurre i terreni filosofici attraverso i quali viaggiano molte di queste poesie. Il primo è di Czeslaw Milosz: “La lingua è l’unica patria”: che porta con sé nozioni di linguaggio sia come terreno comune, sia come santuario, nonché le doppie esperienze di sentirsi sia “a casa” che “senza tetto”. Il secondo è di Bernadette Mayer: “Qualunque luogo ha tutto quello che c’è da guardare”; questo, forse, ci indica un senso del luogo come un posto che invita a una scoperta e a una riflessione potenzialmente infinite.

Certamente, la poesia della Ungar esplora l’idea di casa e della terra in vari modi, sia che si tratti dell’armadio grazie a cui un primo fidanzato si è sistemato, invece che de “il palazzo stesso / in cui questa giovane coppia brilla / arrogantemente bella e incosciente” (“Matrimonio con il primo fidanzato – Wedding with First Boyfriend”), l’”altro luogo” immaginario ma reale, abitato da Emily Dickinson anziché “le stanze anguste di Amherst” (“Vendita immobiliare di Emily Dickinson”), la “casa più piccola / vuota e splendente come una conchiglia” dove “un’altra Barbara [ è] / euforica solo per essere (‘L’altra Barbara’)”, o, più in generale, la casa che condividiamo tutti, il pianeta Terra, il danno che stiamo facendo al quale affiora in una serie di poesie ecologiche tra cui  “Note di chiusura alle Barriere Coralline – Endnotes to Coral Reefs” e “Straniamento globale – Global Weirding”.

Allo stesso modo il suo interesse per le possibilità della poesia e, per estensione, il linguaggio, è evidente per come schiera abilmente forme e approcci diversi. Oltre alle quartine ordinatamente elaborate di poesie come “L’ex di Lot – Lot’s Ex”, i terzetti simili a haiku di “Spasimante interiore – Interior Paramour” e una sestina che parla di iguane, ci sono forme più espanse, come la lunga “Maria Lactans” (con la sua apertura quasi alla Ginsberg, di “Mothers of America, infermiera per tutto il tempo che vuoi – Mothers of America, nurse for as long as you like”, poesie in prosa quali “Come succede – How It Happens” e “Assoluto – Sheer”, e quali altri pezzi concettuali come “Elegia – Elegy”, le citate “Note” e l’apertura “I Differenti vizi delle donne, alfabetizzati – The Diverse Vices of Women, Alphabetized”, la traduzione di un testo misogino del XV secolo dell’arcivescovo Antonino di Firenze, che qui serve a evidenziare i pericoli che la lingua può comportare, se usata come arma. La medesima attenzione della Ungar al linguaggio è evidente ovunque: nel discorso cristallino e aforistico riportato in “Caro Bill – Dear Bill” (che include gemme come: “L’unica differenza tra chi è / un lettore forte medio e un lettore forte forte / è l’insonnia”); nella struttura matura del suono; ma anche nella ricca gamma del suo vocabolario e nella sua precisione spesso brillante, fatto che forse è si può illustrare più efficacemente citando semplicemente “Venere allo specchio – Venus with a Mirror”,  una poesia ecfrasica che risponde alla pittura di Tiziano, che ironicamente — e colloquialmente — osserva: “Dietro di lei / un cherubino s’appresta a sbatterle in testa / una ghirlanda”.

A sua volta malinconico e ribelle, spiritoso, malinconico e compassionevole, “Salvate la nostra nave – Save Our Ship” ha quella combinazione di serietà e giocosità (giocosità seria e serietà giocosa), che è stata una caratteristica così determinante di gran parte della migliore poesia in lingua inglese americana che corre nella stessa vena di quella perseguita, tra l’altro, da Elizabeth Bishop e Frank O’Hara. È una raccolta che vale la pena rintracciare, e che continua a coinvolgere e sorprendere ad ogni lettura.

Tom Phillips
Sofia, Maggio 2020

Traduzione di Silvia Accorrà

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Tom Phillips è nato nel Buckinghamshire nel 1964. È scrittore freelance e docente ospite presso varie università britanniche e balcaniche. Vive a Bristol, Regno Unito, dal 1986, ma dal 2000 ha spesso viaggiato nella penisola balcanica e molti dei suoi interessi letterari e di ricerca sono focalizzati sulla regione. È stato pubblicato in molte riviste, antologie e opuscoli e ha pubblicato tre libri di poesia nel Regno Unito: “Recreation Ground” (“Terra di ricreazione”, Two Rivers Press, 2012), “Reversing into the Cold War” (“Inversione nella Guerra Fredda”, Firewater/Poetry Monthly, 2007) e “Burning Omaha” (“Bruciando Omaha”, Firewater, 2003) e un libro bilingue di poesia in Bulgaria: “Unknown Translations / Непознати преводи” (“Traduzioni sconosciute”, Scalino, 2016). È autore di numerosi spettacoli teatrali, di cui “Coastal Defences” (“Le Difese Costiere”, Tobacco Factory Theatres - Teatri della Fabbrica del Tabacco, Bristol, 2014) e “100 Miles North of Timbuktu” (“100 Miglia a Nord di Timbuctù”, Alma Tavern Theatre - Teatro della Taverna Alma, Bristol, 2013) hanno riscosso il più grande successo teatrale.

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