La sottile arte dello stile
Massaua, inizio del Novecento: la vicenda di Ferengi comincia e termina qui, nella capitale della Colonia Eritrea, in un angolo d’Africa popolato da personaggi che hanno stancamente ereditato i fasti – ormai solo uno sbiadito ricordo – dell’espansione coloniale italiana, interrotta brutalmente qualche anno prima a nord dell’Etiopia, con la disfatta di Adua per opera delle truppe del negus Menelik II. È, questa, una storia di equivoci, di eredità, di tradimenti, di ricordi annegati nell’arekìm o, forse, è solo una storia di umana e triste pietà.
Lucarelli possiede la sottile arte dello stile, e in questo Ferengi – Racconto nero in tre fotografie e un disegno non si smentisce. Il racconto è gradevole, ben congegnato e trascinante, nonostante la semplicità della vicenda e la linearità della narrazione. L’ambientazione è ben resa nei suoi tratti essenziali, e i personaggi sono credibili e interessanti; anche perché rappresentano un’Italia di allora tanto, troppo simile a quella di adesso. E se il male chiama il male, è la beffa del destino che punisce i colpevoli, non certo la giustizia: ma è una di quelle beffe che tutti vorremmo si verificassero nei confronti dei potenti.