È stata la mano di Dio

0
279

È stata la mano di Dio è un film originale sin dalla frase iniziale, inserita come una sorta di dedica – non la solita frase letteraria, ma un brano tratto da un’intervista rilasciata da Diego Armando Maradona: Ho fatto quel che ho potuto, non credo di essere andato così male. Comincia così un omaggio intenso alla città di Napoli e al suo cuore pulsante, come un viaggio a ritroso nei meandri della propria vita e nelle sconfitte brucianti del passato, simboleggiato da un lungo piano sequenza aereo che viene dal mare e indaga il litorale, le isole e i luoghi più riposti della città partenopea.
Maradona, il gol di mano all’Inghilterra, lo scudetto del Napoli, sono il sottofondo storico degli anni Ottanta, la crescita di un ragazzo introverso che vuol fare cinema, una famiglia composta da una zia folle e ninfomane, un padre che manda avanti due famiglie, uno zio avvocato irrimediabilmente pessimista (Siete così deludenti). Fabio cresce con la visione della zia, bellissima e folle, che tradisce il marito con chiunque le venga a tiro, perché malata, e si esibisce davanti ai suoi occhi con il seno enorme e un fisico statuario, fecondando i suoi sogni adolescenti.
Bravissimo Filippo Scotti nei panni di Fabietto, mentre non scopriamo certo oggi la classe di Toni Servillo (il padre), Luisa Ranieri (la zia folle) e Renato Carpentieri (lo zio avvocato).

Sorrentino omaggia Fellini a più riprese, sia per il modo onirico in cui racconta i tradimenti della zia, sia per il campionario femminile fatto di abbondanza e per gli strani tipi maschili che popolano la storia (tra tutti, il vecchio fidanzato della cugina). Un’opera intrisa di madeleines (la zuppa di latte che ricorda il passato), di scherzi feroci fatti dalla madre alle amiche, di grande amore coniugale nonostante il tradimento. Fulcro del film l’evento che salva la vita a Fabio: lui va a veder giocare il Napoli di Maradona e i genitori muoiono nella casa di montagna, a Roccaraso, per una fuga di monossido di carbonio. Potente e drammatica la scena in ospedale, quando al ragazzo non fanno vedere i corpi dei genitori perché troppo giovane, costretto a sfogare il proprio dolore tra le braccia del fratello maggiore.
La perdita delle sole persone che non si possono dimenticare lo conduce verso la scelta di fare cinema, di andare a Roma, di cambiare vita, di fare qualcosa di importante, perché sente con prepotenza che deve decidere che cosa fare della propria vita. Al cimitero, dopo il funerale, sarà lo zio a pronunciare la frase che dà il titolo al film: È stato lui che t’ha salvato. È stata la mano di Dio.

E poi ci sono gli amici marginali, una vecchia contessa con la quale perde la verginità (Devo darti una mano a guardare il futuro), un contrabbandiere che finisce in prigione, le giornate passate al San Paolo con il fratello a vedere Maradona, un regista napoletano (Capuano) che gli dice di partire solo se sente di avere qualcosa da dire, altrimenti perché lasciare Napoli per Roma? Il cinema è la sola prospettiva, il mondo dei sogni contro la complessa realtà, la partenza in treno come il Moraldo di Fellini ne I vitelloni, che poche stazioni prima di Roma vede l’immagine onirica del piccolo monaco che segna il destino.

Fabio saluta tutti proprio mentre il Napoli vince il campionato, ma la cosa non lo tocca più di tanto, i suoi ricordi d’infanzia diventano prepotenti, l’immagine della vespa sulla quale viaggiano in tre è forse la più emblematica, sul lungomare notturno di Napoli.
Finale in dissolvenza, tra treno e ricordi, con Napule di Pino Daniele che scorre sui titoli di coda.

Il miglior film di Paolo Sorrentino, girato con una tecnica sopraffina, tra piani sequenza e soggettive, ralenti e primissimi piani, panoramiche avvolgenti, carrelli infiniti, il tutto per condensare i ricordi d’infanzia in una fotografia color pastello e in un montaggio suadente, compassato. Tra Proust e Bergman (Il posto delle fragole), passando per Fellini e tutto il suo cinema onirico. E la nave va… verso il futuro.


Lingua: Italiano. Paese di Produzione: Italia, 2021. Durata: 130’. Genere: Drammatico, Biografico. Regia, Soggetto e Sceneggiatura: Paolo Sorrentino. Produttori: Lorenzo Mieli, Paolo Sorrentino. Fotografia: Daria D’Antonio. Montaggio: Cristiano Travaglioli. Effetti Speciali: Rodolfo Migliari, Pasquale Catalano, Fabio Traversari. Scenografia: Carmine Guarino. Costumi: Mariano Tufano. Trucco: Federico Carretti. Case di Produzione: The Apartment, Fremantle. Distribuzione (Italia): Netflix, Lucky Red. Interpreti: Filippo Scotti (Fabietto Schisa), Toni Servillo (Saverio Schisa), Teresa Saponangelo (Maria Schisa), Luisa Ranieri (Patrizia), Betti Pedrazzi (Baronessa Focale), Massimiliano Gallo (Franco), Renato Carpentieri (Alfredo), Cristiana Dell’Anna (Sorella di Armando), Monica Nappo (Silvana), Enzo Decaro (San Gennaro), Biagio Manna (Armando), Sofya Gershevich (Yulia), Marlon Joubert (Marchino Schisa), Rossella Di Lucca (Daniele Schisa), Ciro Capano (Antonio Capuano), Lino Musella (Marriettiello), Adriano Saleri (assistente di Fellini), Roberto Oliveri (Maurizio), Carmen Pommella (Annarella), Fiorenza D’Antonio (Gigliola).
SHARE
Articolo precedenteTheodore Dreiser – Una tragedia americana
Articolo successivoGianni Allegra – La vita bastarda
Gordiano Lupi (Piombino, 1960), Direttore Editoriale delle Edizioni Il Foglio, ha collaborato per sette anni con La Stampa di Torino. Ha tradotto i romanzi del cubano Alejandro Torreguitart Ruiz e ha pubblicato numerosissimi volumi su Cuba, sul cinema e su svariati altri argomenti. Ha tradotto Zoé Valdés, Cabrera Infante, Virgilio Piñera e Felix Luis Viera. Qui la lista completa: www.infol.it/lupi. Ha preso parte ad alcune trasmissioni TV come "Cominciamo bene le storie di Corrado Augias", "Uno Mattina" di Luca Giurato, "Odeon TV" (trasmissione sui serial killer italiani), "La Commedia all’italiana" su Rete Quattro, "Speciale TG1" di Monica Maggioni (tema Cuba), "Dove TV" a tema Cuba. È stato ospite di alcune trasmissioni radiofoniche in Italia e Svizzera per i suoi libri e per commenti sulla cultura cubana. Molto attivo nella saggistica cinematografica, ha scritto saggi (tra gli altri) su Fellini, Avati, Joe D’Amato, Lenzi, Brass, Cozzi, Deodato, Di Leo, Mattei, Gloria Guida, Storia del cinema horror italiano e della commedia sexy. Tre volte presentato al Premio Strega per la narrativa: "Calcio e Acciaio - Dimenticare Piombino" (Acar, 2014), anche Premio Giovanni Bovio (Trani, 2017), "Miracolo a Piombino – Storia di Marco e di un gabbiano" (Historica, 2016), "Sogni e Altiforni – Piombino Trani senza ritorno" (Acar, 2019).

Lascia un commento

Scrivi un commento
Per favore inserisci qui il tuo nome

inserisci CAPTCHA *