C’è qualcosa di profondamente disturbante e magnetico nel film In cerca di Mr. Goodbar, diretto da Richard Brooks nel 1977 e tratto dal romanzo omonimo di Judith Rossner. È una di quelle opere che il tempo non ha addomesticato; anzi, più passano gli anni, più il suo sguardo feroce e ambiguo risulta difficile da sostenere. Perché è un film che non consola, non giudica apertamente, ma scava nel buio in cui desiderio, colpa e identità si confondono.
La trama, in apparenza semplice, segue Theresa Dunn (una straordinaria Diane Keaton, in uno dei ruoli più coraggiosi e spiazzanti della sua carriera), giovane insegnante di giorno e frequentatrice di bar notturni di notte. La sua vita si divide tra il bisogno di rispetto sociale e quello, più intimo e pericoloso, di sperimentare la libertà sessuale in un’epoca in cui le donne iniziavano a reclamare il diritto di vivere il proprio corpo senza vergogna. Quella ricerca, però, la porterà verso un destino tragico: la storia è ispirata al vero assassinio di Roseann Quinn, uccisa nel 1973 da un uomo conosciuto in un bar di Manhattan.
In cerca di Mr. Goodbar è un film di desiderio e morte, di emancipazione e punizione. Non cede mai al moralismo e non offre facili chiavi di lettura: ogni scena è una lama che taglia la superficie della società per mostrare le contraddizioni di un’epoca, di una società che fingeva di accogliere la liberazione sessuale mentre ne giudicava le conseguenze. Il personaggio di Theresa non è una vittima innocente, né una peccatrice: è un essere umano complesso, che cerca se stesso attraverso l’errore, la carne, la vertigine del rischio.
La controversia nasce proprio da qui, dal rifiuto di catalogare. All’epoca fu accusato di essere “immorale” e “sessualmente deviato”; oggi lo si guarderebbe con la lente del femminicidio e della colpevolizzazione della donna. Theresa muore per aver osato desiderare, e il mondo, allora come oggi, tende a dire che “se l’è cercata”. È proprio questa eco, insopportabilmente contemporanea, a rendere il film ancora vivo: nel 2025, la storia di una donna che muore perché è libera resta un monito feroce, un riflesso della violenza ancora inscritta dallo sguardo maschile nei corpi femminili.
Pellicola perturbante, l’inquietudine che trasmette non sta solo nel finale, ma nella sua costruzione: la regia di Brooks alterna momenti quasi documentaristici a visioni psichedeliche, flash di luci stroboscopiche e suoni che pulsano come battiti cardiaci. Il montaggio è nervoso, claustrofobico; la fotografia immerge Theresa in una New York notturna e febbrile, in cui ogni volto maschile è potenzialmente minaccioso e ogni incontro un azzardo. E poi c’è lei, Diane Keaton, che abbandona la grazia nevrotica di Io e Annie per incarnare un’anima frantumata, divisa tra il desiderio di compiacere e quello di esistere. È una performance di in grado di mettere a nudo la protagonista con autenticità, con perizia non solo fisica, ma psicologica. Lo spettatore la ama, la teme, la giudica e la compatisce, fino a rendersi conto di essere parte del meccanismo che la consuma.
Forse è per questo che In cerca di Mr. Goodbar è così odiato dai benpensanti, più oggi che allora: perché non offre un comodo colpevole. Perché non distingue chiaramente tra bene e male, vittima e carnefice, libertà e autodistruzione. È un film che costringe a guardarsi dentro, e a chiedersi in quale misura il proprio sguardo giudicante contribuisce alla violenza che condanna.
In fondo, Mr. Goodbar non è solo un uomo, ma un simbolo: il miraggio di un amore sicuro, di un rifugio nella notte, di un volto che ti salvi da te stessa. Ma in questo film, come nella realtà, il buio non salva nessuno, e l’unica cosa più spaventosa della violenza è la società che la accetta, purché resti coerente con le sue ipocrisie.
Accanto a Diane Keaton, il film lancia due volti allora sconosciuti ma destinati a segnare il cinema americano: Richard Gere, magnetico e pericoloso nel ruolo di Tony, incarnazione del narcisismo e della violenza erotica maschile; e Tom Berenger, il volto finale dell’orrore, che trasforma il desiderio in annientamento. Entrambi rappresentano due estremi del maschile che circonda Theresa: seduzione e minaccia, promessa e distruzione. Intorno a loro, un coro di personaggi secondari (la sorella borghese e conformista, l’amante cieco e idealista, i colleghi dallo sguardo moralista) compone il ritratto di una società ipocrita, pronta a consumare la libertà femminile purché resti circoscritta al piacere maschile. È in questa rete di sguardi, desideri e condanne che In cerca di Mr. Goodbar trova la sua grandezza: un film che non racconta solo una morte, ma il prezzo ancora troppo alto della libertà.





















