Sex and the city non ha inventato nulla
La McCarthy presenta al lettore, con garbo e ironia, i primi passi nella vita adulta di otto ragazze diplomate al prestigioso Vassar College nel 1933: Kay, Priss, Dottie, Pockey, Lakey, Polly, Libby, Helena … più qualche altro corollario.
L’arco temporale considerato – circa una decina d’anni – costituisce una parentesi fra la grande depressione e l’incombere di una nuova guerra. Fra l’uscita da una crisi economica che ha lasciato tracce più o meno profonde nei patrimoni familiari delle interessate – tanto da far sì che per qualcuna, come Polly, il lavoro non sia più un vezzo, ma una necessità- e l’ombra minacciosa di una catastrofe.
I primi fiduciosi passi di queste giovani donne costituiscono spesso occasione d’inciampo e segnano sempre un cambiamento di rotta rispetto ai propositi iniziali. Il brio e l’entusiasmo devono venire a patti con la realtà. Con qualche sorpresa: c’è ad esempio chi si sposa con l’uomo sbagliato, e chi si scopre libertina; c’è chi, come Dottie, ha una madre che vuole fare l’amica, e Kay, il cui marito (sempre quello sbagliato) è pronto a farla rinchiudere in manicomio pur di continuare a fare i propri comodi. Qualsiasi evento, anche il più odioso e meschino, deve essere affrontato col sorriso sulle labbra, come si addice alle brave ragazze. Il sorriso sulle labbra, però, si paga con la rinuncia a sé stesse. Un prezzo veramente caro.
Il romanzo offre un mosaico di personaggi indimenticabili. C’è l’anticonformista che diventa conformista, e il contrario. C’è chi tenta di far carriera per sentirsi dire che non è cosa da donne; chi non cerca l’amore ma lo trova inaspettatamente. L’autrice ce la mette tutta per farci sorridere, anche se a denti stretti. Le situazioni sono credibili, i dialoghi fulminanti.
È uno spasso vedere ciascuna di queste ragazze con gli occhi dell’altra, come in un gioco di specchi. La molteplicità dei punti di vista regala al lettore alcuni personaggi a tutto tondo. Quando invece si tratta di descrivere delle macchiette come Pockey e la sua assurda, ricchissima, sciocca famiglia, in balia di maggiordomi e servitù varia, il tono è quello della pura satira.
Nel romanzo ci sono il genio, la mediocrità e la follia, spesso più saggia della normalità. L’evoluzione di un’epoca con le sue mille manie è scandagliata con occhio acuto: la maternità non porta più ad una placida gioia naturale, la psicanalisi viene messa alla berlina come comodo alibi per non cambiare mai, la politica è un gioco senza significato, il sesso è un problema; l’Europa si presenta come un lontano oggetto del desiderio.
Le otto amiche sono come pioniere in un mondo che cambia, ma non sta mai al loro passo. A tirare il freno a mano c’è quasi sempre lui, il maschio. Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà, recita la Bibbia, e ora come ora, non molto è cambiato. Niente di nuovo sotto il sole! Ognuna scopre a proprie spese quanto gli uomini siano irrimediabilmente diversi e distanti, una vera controparte. L’uomo non ha bisogno di autogiustificazioni per perseguire scopi egoistici: lo fa e basta. A muso duro. Che cosa può fare contro una simile determinazione una povera, sorridente ragazza? Il segreto della felicità è forse liberarsi del maschio, come sembra suggerire il finale?
Un testo scintillante e arguto.