Odio le italiane
È’ un libro politicamente scorretto, questo di Piergiorgio Leaci, a tratti scurrile e caratterizzato da una scrittura spezzata, aritmica, piena d’interpunzioni. Come a voler evitare le sfumature. Che invece si inseriscono tra le righe. A fiotti.
La serie di racconti (intercalati con alcune apprezzabili poesie) è preceduta da Due parole dell’autore: “Odio le mie connazionali. Si fatica troppo per un mucchio di cenere”. Una premessa programmatica mantenuta, integralmente.
Il protagonista di quasi tutti i racconti è Wilem, alter-ego dell’autore, che dipinge in prima persona un’umanità senza speranza e priva di prospettiva del domani. Erotismo e pornografia si mischiano in un “unicum” estremamente cinico, attraente e ributtante allo stesso tempo.
Leaci si richiama a Bukowski, autore che, nel racconto Prendile il cuore e stringi, cita insieme a John Fante. Ma di Fante gli manca la raffinatezza con cui l’autore americano sapeva dipingere una umanità al limite; e di Bukowski l’arguzia e la capacità di descrivere personaggi autolesionisti e molto attivi. Emergono invece soprattutto lo squallore, l’autocompatimento e la passività verso la vita e le proprie scelte.
La lettura è insieme divertente, per le situazioni descritte, e deprimente, per il mondo borderline che viene rappresentato.
Nel complesso, questa raccolta sembra raccontare una fuga senza costrutto, scatenata dal bisogno del protagonista di ancorarsi alla certezza di non avere speranza: un vuoto che corrisponde alla sensazione di precarietà della sua esistenza, e ne è l’unica risposta.
I racconti si susseguono in una saga autodistruttiva fatta di incontri (dis)umani, di varia dissennatezza e di pagine, a volte, veramente disgustose. Assistiamo a un campionario resistibile di disfacimento umano, di blasfemie, di copule continue e di personaggi femminili ridotti a meri oggetti di piacere; uscendone provati e, a furia di eccessi, anche discretamente annoiati.
Leaci, un autore a onor del vero abbastanza interessante, si dimostra in questa occasione monotematico, ai limiti dell’ossessione.