Jay è un uomo fantastico, com’è fantastica la cittadina in cui vive, con i suoi viali di magnolie e i portici verniciati di bianco; è un marito affascinante e premuroso, un padre attento – e affettuoso, soprattutto per Rufus, il figlio di sei anni che gli è molto attaccato, è il fratello su cui si può contare, il vicino dalle buone abitudini. È, insomma, un pilastro della piccola comunità del Tennessee in cui tutti lo amano e lo rispettano, anzi, si può dire che di quella comunità è l’immagine stessa: vitale, rassicurante e positiva. Ma che cosa succede quando questo modello di virtù muore?
Il romanzo racconta, attraverso gli occhi di Rufus, lo smarrimento e il dolore non solo della famiglia di Jay, ma anche dell’intera comunità, che perde il suo perno. Lo sguardo di Rufus è quello dell’osservatore attento, piccolo ma non ingenuo: sa benissimo cosa significa morire, e nel suo tentativo di dare a se stesso risposte per un dolore così schiacciante, osserva quello della madre, che deve fare i conti col suo nuovo ruolo di capofamiglia, analizza il senso di perdita che coglie il resto della famiglia e quello della comunità e, attraverso il dolore altrui, esprime tutto il suo cordoglio di bambino rimasto senza il proprio eroe, senza il più importante punto di riferimento.
Una morte in famiglia è un romanzo che parla di dolore ma anche di condivisione, e, nonostante descriva una vicenda personale, assume toni universali, poiché parla alla sensibilità e al dolore di ogni lettore.
Il piccolo Rufus percorre il buio labirinto del dolore e del lutto senza perdere quel senso di stupore fiabesco che è tipico dell’infanzia e che la prosa poetica e malinconica, ma mai lamentosa, di Agee sa tratteggiare con sapienza, rendendo quest’opera una preziosa lettura per ogni momento della vita.