Giusi Sammartino – Siamo qui. Storie e successi di donne migranti

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Una narrazione unica, omogenea, compatta, che si divide in tanti piccoli racconti di vita vissuta, come un grande fiume che si dirama in tanti rivoli: mi sembra questa la miglior definizione del libro di Giusi Sammartino, pubblicato da Bordeaux Edizioni. Un testo su un tema forte e ormai divenuto quotidiano come l’immigrazione, che rifiuta ogni possibile retorica o analisi banale.

Per entrare davvero sottopelle al lettore, facendolo uscire dai soliti schemi attraverso cui viene abitualmente narrato il fenomeno migratorio, l’autrice ha scelto di mettergli davanti agli occhi l’esperienza concreta di tante donne arrivate nel nostro Paese negli ultimi decenni, filtrata attraverso il suo sguardo: quello di una donna che per anni ha collaborato con il Centro di prima accoglienza di Castelnuovo di Porto, in provincia di Roma, insegnando la lingua italiana.
È una scelta non casuale quella di insistere su protagoniste femminili, dal momento che spesso si trovano in una situazione di duplice debolezza, maltrattate sia dal Paese in cui cercano rifugio, etichettate in base alla loro provenienza, sia dalle famiglie cui si ricongiungono, vittime di una mentalità̀ patriarcale di cui non sempre è facile liberarsi.

Ogni passo del libro sembra una liberazione da pregiudizi e limitazioni, una dimostrazione esatta di come la donna, storicamente relegata a un ruolo domestico, possa imprimere il proprio segno in ogni ambito della società̀: così la cinese Hu Lanbo diventa imprenditrice e scrittrice di successo; la colombiana Margarita inizia a lavorare per il celebre stilista Valentino per poi aprire un proprio atelier, senza mai dimenticare il proprio ruolo di madre e protettrice; la moldava Silvia costruisce un ponte immaginario tra l’Italia e il suo Paese d’origine per offrire cure e sostegno a chi ha bisogno di protesi artificiali. E viene provato, man mano che si procede nella lettura, quanto sia impossibile parlare di migranti come di un insieme indistinto. Esistono i singoli migranti, ognuno con le proprie motivazioni a condurlo lontano da casa. C’è chi arriva per semplice curiosità̀ o amore per l’Italia, come la camerunense Nadege, e chi non sarebbe mai voluta venire nella nostra penisola, come l’indiana Ambili, che poi deciderà di trapiantare la sua Bollywood a Roma. Ci sono storie di accoglienza positiva (e per fortuna non sono casi isolati) o di accoglienza promessa e poi negata da chi lucra sulla pelle di chi si trova in condizione di debolezza. È il caso della moldava Maria Oglinda, alla quale l’autrice sceglie di lasciare una narrazione in prima persona per far arrivare questa storia di sfruttamento e inganno come un pugno nello stomaco del lettore.

Un libro da leggere per riuscire a mettere a fuoco un argomento così delicato senza cadere in estremismi da stadio o in ragionamenti astratti, per ricordare che dietro ogni possibile analisi ci sono i volti di tanti uomini o, come in questo caso, di tante donne. Di tanti esseri umani, come noi.

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