Il resto di niente

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Se su uno degli ultimi numeri di Inkroci, a proposito del libro/film Harold e Maude, ho parlato di “piccolo miracolo” per una trasposizione cinematografica addirittura migliore del libro cui il film si ispirava, non altrettanto mi sento di dire de Il resto di niente, opera cinematografica per la regia di Antonietta De Lillo, del 2004, la cui messa in scena a mio avviso non è assolutamente all’altezza delle pagine del libro dalle quali è tratto (tentativo arduo, peraltro, perché il romanzo di Enzo Striano, seppur poco conosciuto, è un vero e proprio capolavoro della letteratura italiana del Novecento), non per qualità tecniche di regia o recitative (anzi, ottima la prova di Maria De Madeiros nei panni della protagonista), ma per i motivi che dirò in seguito.

Quando lessi il romanzo, per la prima volta compresi il ruolo fondamentale che la letteratura dovrebbe avere nella vita di un uomo: quella di farsi vera e propria macchina del tempo, che cattura il lettore, che lo solleva dal presente e dalla poltrona/panchina/letto/treno ove si trova nel momento della lettura e lo scaraventa nella storia rendendolo protagonista o quantomeno testimone diretto del racconto narrato.

Il resto di niente è il sogno visionario di una doppia rivoluzione: quella che attiene alla grande Storia, e cioè il 1799 napoletano, per la quale si batterono giovani aristocratici partenopei nel nome degli ideali di uguaglianza, libertà e fraternità germogliati da quel momento di rottura col passato e di speranza per un mondo nuovo, che fu la Rivoluzione Francese, e una rivoluzione altrettanto grande, condotta in prima persona dalla nobildonna portoghese Eleonora Pimentel Fonseca, donna moderna, colta, coraggiosa e libera, che all’interno di una lotta per la liberazione di un popolo, sognava parimenti la liberazione della donna da una condizione storica, anzi atavica, di subordinazione all’interno della famiglia e della società.il_resto_di_niente

Sullo sfondo, Napoli, città viva, in perenne movimento, dove il popolo si muove tra i suoi vicoli, in un costante brulicare.

Dalle pagine del libro escono, con prepotenza accecante, la luce forte di un sole che illumina e che brucia la pelle, le voci, le urla, le imprecazioni della gente, i profumi dei cibi e il tanfo della spazzatura abbandonata ad ogni angolo di strada, insomma l’esistenza quotidiana di un popolo attivo e vitale nonostante i problemi che da sempre e ancor oggi lo affliggono e che sembrano, per chi crede al fato, un destino dal quale non riuscirà mai a staccarsi, essendo quasi ad esso connaturato.

La scelta stilistica della regista va in tutt’altra direzione, lo spazio alla città teatro delle vicende è ridotto al minimo, l’obiettivo è tutto concentrato sulla protagonista, ponendo la macchina da presa nel suo sguardo sempre malinconico (e forse per rispecchiare questo sentimento, il film in molte sue parti è cupo, buio, girato in interni o in esterni notturni) e forse premonitore della tragedia, non solo personale, che andrà  a compiersi di lì a poco, quando il sogno rivoluzionario cadrà in pezzi frantumandosi in mille schegge taglienti, e dei grandi ideali di cambiamento e rinnovamento della società non resterà nulla, anzi ancora meno: il resto di niente.

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Giuseppe Ciarallo, molisano di origine, è nato nel 1958 a Milano. Ha pubblicato tre raccolte di short-stories, "Racconti per sax tenore" (Tranchida, 1994), "Amori a serramanico" (Tranchida, 1999), "Le spade non bastano mai" (PaginaUno, 2016) e un poemetto di satira politica dal titolo "DanteSka Apocrifunk – HIP HOPera in sette canti" (PaginaUno, 2011); ha inoltre partecipato con suoi racconti ai libri collettivi "Sorci verdi – Storie di ordinario leghismo" (Alegre, 2011), "Lavoro Vivo" (Alegre, 2012), "Festa d’aprile" (Tempesta Editore, 2015); suoi componimenti sono inclusi in varie raccolte antologiche di poesia: "Carovana dei versi – poesia in azione" 2009, 2011 e 2013 (Ed. abrigliasciolta), "Aloud – Il fenomeno performativo della parola in azione" (Ed. abrigliasciolta, 2016), "Parole sante – versi per una metamorfosi" (Ed. Kurumuny, 2016), "Parole sante – ùmide ampate t’aria" (Ed. Kurumuny, 2017). Scrive di letteratura e non solo su PaginaUno e Inkroci, collabora con A-Rivista anarchica e Buduàr, rivista on line di umorismo e satira. Fa parte del collettivo di redazione di "Letteraria/Nuova Rivista Letteraria" e "Zona Letteraria – Studi e prove di letteratura sociale" fin dalla fondazione.

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