L’Agnese va a morire

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Agnese, nonostante l’età e il fisico ingrossato dalle fatiche, è un’infaticabile lavoratrice. Il marito Palita, costretto a casa dalla salute cagionevole, può contribuire all’economia domestica solo intrecciando qualche cestino di vimini da vendere al mercato: è quindi Agnese, con il suo mestiere di lavandaia, a mantenere entrambi, ricompensata da un amore affettuoso e sincero.

La coppia, cullata dalla tranquilla routine, sembra quasi dimentica della guerra che li circonda, ma presto il conflitto irrompe anche nelle loro vite. I tedeschi arrivano a prendere Palita, sostenitore della Resistenza, e Agnese sa già in cuor suo che non lo rivedrà mai più. A darle una nuova ragione di vita pensano però i compagni del marito, sfuggiti alla retata. Agnese mette così tutta la sua perseveranza, pazienza e forza al servizio della guerriglia partigiana, diventando pian piano un punto di riferimento e una madre per tutti i ragazzi che cercano di riconquistare la Valle di Comacchio.

A impersonare Agnese sul grande schermo è una straordinaria Ingrid Thulin. La sua recitazione sincera rende sentite e mai patetiche anche le scene più difficili: lo spettatore non può fare a meno di soffrire e gioire con lei, mentre una serie di numerosi primi e primissimi piani incornicia ogni espressione che traspare dal suo viso. I comprimari maschili non si dimostrano sempre all’altezza della sua bravura, ma Stefano Satta Flores e Michele Placido si distinguono tra tutti per espressività e spessore.L'Agnese va a morire_FILM

L’altro grande protagonista della vicenda, nel romanzo come nel film, è il paesaggio. I campi, le pianure e le paludi diventano ora nascondigli accoglienti, ora infernali trappole, seguendo il corso delle stagioni e i bruschi cambi di temperatura. Le vivide descrizioni di Renata Viganò vengono sostituite, nella pellicola, dalla sapiente fotografia di Giulio Albonico, che dona ad ogni momento dell’anno il giusto risalto grazie ad ampie inquadrature e giochi di luce. Completano l’atmosfera le musiche della colonna sonora, composta da Ennio Morricone: le note accompagnano la vicenda con la stessa tranquilla e costante perseveranza con cui Agnese affronta le proprie mansioni.

L’unico elemento della storia che purtroppo la pellicola non riesce a riportare con fedeltà è la lenta ma costante crescita di Agnese. Nel corso del romanzo le riflessioni e i monologhi interiori della protagonista offrono al lettore la cronaca realistica e graduale di un’importante presa di coscienza. Senza mai perdere la propria umiltà, Agnese impara a giudicare da sè gli avvenimenti di cui è testimone e a sviluppare una propria indipendenza di pensiero. Nel film sono alcuni personaggi secondari a dar voce al mondo interiore di Agnese, mentre la sua crescita viene mostrata soltanto attraverso azioni e iniziative, risultando meno evidente.

La trasposizione di Giuliano Montaldo non fallisce però nel trasmettere la vera forza del libro: uno sguardo inconsueto sulla Seconda Guerra Mondiale e sulla lotta partigiana, grazie agli occhi di una donna che avrebbe potuto arrendersi, ma che sceglie invece di andare a morire  per ciò che è giusto.

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Silvia Littardi non prende mai decisioni dettate dal senso pratico. Infatti si è iscritta a Lettere Moderne. Ha conseguito una bella laurea triennale e poi una bellissima laurea specialistica in scienze della letteratura, del teatro e del cinema. In generale ha trascorso un quarto di secolo a studiare, passando il tempo libero a divorare libri e fumetti e a guardare tutti i film che poteva. Insomma, non ha ancora combinato nulla di buono, ma è contenta lo stesso, perchè ha avuto la fortuna di poter fare solo quello che le piaceva. Ora la povera ingenuotta spera di poter continuare così per tutta la vita. Forse potrebbe anche rinsavire e incominciare ad affrontare la dura realtà, ma quando si perde d'animo l'umanità la sorprende con risposte gentili e inaspettate. Allora ricomincia a scrivere.