Almeno fossi stato impegnato negli anni Settanta, invece non lo sono stato neppure negli Ottanta. Calcio e letteratura, politica poca, quasi niente, vaghe idee di socialismo, direbbe Guccini, ma senza esagerare, senza prendere troppo posizione. Bastian contrario, certo, ma contro tutto e tutti, mai contro una parte sola. Questo sono, credo; la visione è parziale, perché è mia. E son qui che mi dico, di tanto in tanto, se sia cosa peggiore non essere letti o esser letti e non capiti, ché se leggi quel che scrivo e lo traduci in nostalgia fine a se stessa meglio sarebbe che non m’avessi letto.
Quanto tempo perso, quanta carta sprecata con le avanguardie, le neo-avanguardie, il Gruppo 63, il significante al posto del significato. Quanta produzione letteraria inutile, da Zanzotto a Balestrini, passando per Pagliarani e Giuliani, fino ad Amalia Rosselli, per tacer di Sanguineti. E io alla ricerca di significati (non ne trovo) costretto a saltar pagine come un pazzo.
Per fortuna che a un certo punto si ragiona, tra tanti poeti del secondo Novecento tutto sperimentalismo e niente amore, spunta il senso etico, incontro la ricerca, m’imbatto in Giudici con la sua vita in versi. Poeta che mette in poesia la vita, parla del domani che troppe volte è già ieri ed è finito, si chiede quante sere inutili dovrà ancora passare prima che tutto questo abbia una fine. Autobiografia impoetica dove tutto ciò che non è lirico diventa poesia, perché in fondo la vita è poesia, basta annotare con un poco di attento sentimento tutto quel che accade al tuo passaggio.
Poi trovo Raboni che parla della morte della vita, di suo padre e di lui stesso che ha l’età di quel padre che rammenta e lo trasforma in poesia-racconto, intrisa di ricordo, fatta di nostalgia, memoria del passato, in lingua non poetica, prosaica.
Chissà perché di Zanzotto ricordo solo un passaggio de La Beltà, il dialogo tra un adulto e un bambino, dove l’adulto chiede: Ti piace esser venuto a questo mondo? E il bambino di rimando: Sì perché c’è la Standa! Forse perché il dialogo non è così diverso da quel che disse mia figlia piccolina tanti anni fa definendo Ikea il Paradiso dei bambini.
Quanto tempo perso alla ricerca del significante mentre il significato si perdeva. Quanto tempo al macero di letteratura inutile che nessuno ormai più legge, ma è nelle antologie. Quanto tempo lasciato agli altri per poter cercare significati reconditi d’una vita intera senza fare neppure un tentativo.