La bomba è un colosso. Nel senso letterale (quasi 500 pagine in bianco e nero, dense come un documentario ben fatto) e in quello metaforico: questo romanzo grafico affronta la genesi della bomba atomica con l’ambizione di tenere insieme rigore storico, tensione narrativa e forza visiva – e ci riesce sorprendentemente bene.
Gli autori, Alcante e Bollée, ricostruiscono il mosaico geopolitico, scientifico ed etico che ha portato alla distruzione di Hiroshima e Nagasaki partendo da lontano, molto prima di Oppenheimer. C’è la corsa all’uranio, ci sono i fisici europei in fuga dal nazismo, le paranoie americane, le ambizioni russe e poi i silenzi, i tradimenti, i dubbi morali. È una storia corale, narrata con l’andamento di un thriller storico nel quale ogni personaggio – da Einstein a Szilárd, da Truman ai generali – ha voce e volto.
E proprio i volti sono uno dei punti forti dell’opera. Denis Rodier, il disegnatore, fa un lavoro straordinario: il suo segno realistico, espressivo e denso di ombre, restituisce non solo le somiglianze fisiche dei protagonisti reali, ma soprattutto la gravità emotiva delle situazioni. Il bianco e nero, lontano dall’essere una scelta nostalgica o “artistica”, diventa linguaggio necessario per raccontare una storia fatta di scienza e di morte, di calcoli e di ombre radioattive e morali. E nelle pagine finali, le esplosioni emergono dal tratto con una forza che la parola scritta, da sola, faticherebbe a restituire. È un bianco e nero che non ha nulla di estetizzante: è materia viva, memoria che brucia.
Chi pensasse, però, che ci sia una celebrazione della retorica bellica si sbaglierebbe di grosso. Qui non si celebra nulla. Anzi: si disseziona con lucidità chirurgica il modo in cui l’uomo, nel secolo finora più atroce della sua storia, ha saputo trasformare la scienza in un dispositivo di sterminio. Il racconto si muove tra i laboratori, le sale del potere, le miniere africane e i deserti americani dove tutto venne testato. Non c’è un solo protagonista: ce ne sono decine – scienziati, militari, politici, tecnici, spie, cavie umane – e ciascuno porta sulla pagina la propria quota di umanità – e di ambiguità. E ci ricorda che il vero orrore non fu l’ordigno, ma la consapevolezza lucida di volerlo usare.
Certo, non è una lettura da pomeriggio in spiaggia. Siamo lontanissimi dal fumetto inteso come mezzo di puro intrattenimento. Il ritmo è intenso, i nomi e i dettagli abbondano e qualche lettore pigro potrebbe sentire il peso delle spiegazioni più tecniche o del taglio fortemente didattico di alcuni passaggi. Ma sono limiti tutto sommato trascurabili, se si considera la portata monumentale del progetto e la sua straordinaria accessibilità rispetto a molte opere saggistiche sul tema.
La bomba è un’opera che colpisce per intelligenza, equilibrio e impatto visivo. Non cerca l’effetto facile, ma ti resta dentro: come un’onda d’urto che arriva in ritardo, ma lascia il segno. Perché la vera esplosione non è quella del 6 agosto 1945: è la consapevolezza che viene dopo.