Sul web impazza un maleolente cumulo di sciocchezze generalizzanti sugli editor e sulle scuole di scrittura: un coacervo di pregiudizi (evidentemente dovuti a scarsissima conoscenza, a sentito dire o ad un’unica e isolata esperienza negativa), fraintendimenti, supponenza e malafede. Ah, gli editor, e le scuole di scrittura poi! Carceri inutili che imprigionano il genio, mentre invece la creatività dev’essere libera da ogni costrizione, da ogni freno! Perché le regole solo a questo servono: a castrare l’estro dei grandi autori, che sarebbero bizzeffe se non ci fossero queste figure (anzi, questi figuri!) mutilanti. E, se è vero che le regole stupide non servono, c’è tutto il vasto campionario dei ferri del mestiere: solo chi è pigro e supponente può pensare che non occorrano, e che si possano infrangere le regole senza conoscerle. Le regole, dopotutto, sono come i freni in un’auto da corsa – puoi ignorarli, certo, ma non sorprenderti quando ti schianti al primo angolo.
Una messe di pseudo-autori sostiene che gli editor siano i distruttori della “vera” arte, dei sadici conformisti che costringono gli autori (come se poi li si potesse costringere!) a limare, correggere e persino (orribile a dirsi!) migliorare il loro lavoro. Come se la scrittura, anziché richiedere cura e riflessione, fosse una sorta di epifania divina che si materializza perfetta al primo tentativo.
E poi c’è la scuola di scrittura: cos’è mai questo terribile luogo dove si insegna il mestiere torturando la spontanea genialità degli aspiranti scrittori, come se uno non potesse semplicemente sedersi e produrre capolavori? Ah, certo! Perché tutti nascono sapendo esattamente come costruire una trama complessa, creare personaggi indimenticabili e padroneggiare i segreti del ritmo narrativo.
Sarebbe come sostenere che i pittori non dovrebbero imparare a mescolare i colori, i musicisti a leggere spartiti, o gli chef a non bruciare le cipolle. No, perché nella scrittura, e solo nella scrittura, si può essere geni a colpi di improvvisazione e senza nessuno che ti suggerisca che forse il protagonista non dovrebbe morire in dieci occasioni diverse o parlare a pagina dieci come un raffinato intellettuale e a pagina trenta come uno scaricatore di porto.
Per fortuna esistono gli editor, i coraggiosi guardiani che salvano i lettori da infiniti monologhi senza senso e dialoghi che suonano come quelli tra due lavatrici in sciopero. E le scuole di scrittura? Servono a ricordare a tutti che sì, l’ispirazione è importante, ma che, senza tecnica, quella scintilla di genio può facilmente spegnersi in un fiume di banalità. Come quelle che solitamente scrivono questi principianti privi di umiltà e “nati imparati”.