All We Imagine As Light – Amore a Mumbai

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Gran Premio della Giuria al settantacinquesimo Festival di Cannes per un film abbastanza sopravvalutato, che riporta la cinematografia indiana agli onori della cronaca e ha il merito di far conoscere usanze e pregiudizi dell’India contemporanea, narrando due storie d’amore in una grande città e un racconto di emarginazione, di ritorno alle origini, in un villaggio sul mare.

Payal Kapadia debutta nel lungometraggio di finzione, dopo un esordio nel documentario; la regista è abile sia nella tecnica che nella direzione di attori, capace di alternare macchina a mano e camera fissa, lunghi piani sequenza con panoramiche, intense soggettive con riprese aeree a mezzo drone. Sono stupende le immagini della megalopoli di Mumbai, un alveare di abitanti, controbilanciate dalla natura selvaggia di un villaggio marino che prende il posto della città spersonalizzante nell’ultima parte del film.
La regista pedina il quotidiano di Prabha, infermiera di Mumbai, che ha il marito in Germania per lavoro e rifiuta la corte di un medico, mentre dall’estero arriva un pacco regalo; al tempo stesso la coinquilina Anu vede un fidanzato musulmano che non può frequentare alla luce del sole e che non potrà mai sposare; infine la terza donna della storia, cuoca in ospedale, deve tornare al villaggio natio perché sfrattata dal luogo dove vive, in quel posto sarà costruito un palazzo. Racconto di donne e di diritti violati, storia ambientata in un paese dove una ragazza può lavorare e abitare da sola, ma non può decidere il proprio futuro amoroso: resta legata a un uomo tutta la vita, il padre decide persino chi deve sposare.

La critica è unanime nel lodare la bellezza del film, che resta opera unitaria e interessante, ma non può dirsi immune da difetti. Tra le cose migliori un pizzico di realismo magico nella scena in cui Prabha salva un uomo dall’annegamento e in quella persona crede di vedere il marito, di sentire di nuovo la sua voce. Notevole la fotografia cittadina, che alterna notturni pieni di luci a giornate cupe e piovose, così come sono splendenti le sequenze campestri e marine della seconda parte. Resta il fatto che 115’ sono troppi per le cose da dire, credo non esagerare a dire che 90’ sarebbero stati più che sufficienti, e la pellicola presenta difetti in fase di montaggio.
Il film non cattura l’interesse dello spettatore che non si trova in India, non vive i problemi dei protagonisti, ma osserva tutto dall’esterno come se fosse davanti a un affresco e non dentro un quadro. La sceneggiatura ha qualche problema di verbosità, alcuni dialoghi in eccesso, diverse immagini inutili, tutte cose che contribuiscono a non coinvolgere.

Amore a Mumbai ha il pregio di non essere mai ideologico, puro cinema minimalista e poetico, solo per questo importante come costruzione filmica originale. Un film da vedere per scoprire una cultura ignota, per conoscere la condizione della donna nel mondo, per vivere una storia struggente di vita quotidiana.


Regia, Soggetto, Sceneggiatura: Payal Kapadia. Fotografia: Ranabir Das. Montaggio: Clément Pinteaux. Musiche: Dhritiman Das. Scenografia: Shamim Khan. Produttori: Thomas Hakim, Julien Graff. Case di Produzione: Petit Chaos, Chalk & Cheese Films, BALDR Film, Les Films Fauves, Pulpa Film, Arte France Cinéma. Distribuzione (Italia): BiM Distribuzione. Paesi di Produzione: India, Francia, Paesi Bassi, Lussemburgo, Italia. Genere: Drammatico. Durata: 115’. Lingue Originali: Malayalam, Marathi. Titolo Originale: All We Imagine As Light. Interpreti: Kani Kusruti (Prabha), Divya Prabha (Anu), Chhaya Kadam (Parvaty), Hridhu Haroon (Shiz). Anno: 2024.
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Gordiano Lupi (Piombino, 1960), Direttore Editoriale delle Edizioni Il Foglio, ha collaborato per sette anni con La Stampa di Torino. Ha tradotto i romanzi del cubano Alejandro Torreguitart Ruiz e ha pubblicato numerosissimi volumi su Cuba, sul cinema e su svariati altri argomenti. Ha tradotto Zoé Valdés, Cabrera Infante, Virgilio Piñera e Felix Luis Viera. Qui la lista completa: www.infol.it/lupi. Ha preso parte ad alcune trasmissioni TV come "Cominciamo bene le storie di Corrado Augias", "Uno Mattina" di Luca Giurato, "Odeon TV" (trasmissione sui serial killer italiani), "La Commedia all’italiana" su Rete Quattro, "Speciale TG1" di Monica Maggioni (tema Cuba), "Dove TV" a tema Cuba. È stato ospite di alcune trasmissioni radiofoniche in Italia e Svizzera per i suoi libri e per commenti sulla cultura cubana. Molto attivo nella saggistica cinematografica, ha scritto saggi (tra gli altri) su Fellini, Avati, Joe D’Amato, Lenzi, Brass, Cozzi, Deodato, Di Leo, Mattei, Gloria Guida, Storia del cinema horror italiano e della commedia sexy. Tre volte presentato al Premio Strega per la narrativa: "Calcio e Acciaio - Dimenticare Piombino" (Acar, 2014), anche Premio Giovanni Bovio (Trani, 2017), "Miracolo a Piombino – Storia di Marco e di un gabbiano" (Historica, 2016), "Sogni e Altiforni – Piombino Trani senza ritorno" (Acar, 2019).

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