Passeggiare con un libro in mano, Murakami per l’esattezza, L’assassinio del commendatore, leggere la storia d’un pittore di ritratti che se ne va a vivere da solo in mezzo ai boschi, dopo che la moglie l’ha mollato, nella casa che fu di un altro pittore, immerso nel mistero d’una vita tormentata da una campanella che lo sveglia di notte, dover credere agli spiriti, forse. Non lo so, ché il libro non l’ho finito, ma lo sto leggendo, passo dopo passo – visto che per salute devo camminare (e non mi piace) almeno faccio qualcosa che mi piace mentre cammino. Ma se proprio v’interessa potete comprarlo, vale la pena, oppure aspettate che lo finisca e vi tengo aggiornati, ma chissà se mi ricordo, più facile che lasci un buco di sceneggiatura in questa storia, da bravo dilettante quale sono.
Passeggiare con un libro in mano attira gli sguardi sospettosi della gente che non comprende come si possa fare, proprio mentre tiene in mano il fido cellulare e scorre tutte le notifiche. Non vedo la differenza – se non culturale, ma quella mica interessa, quindi non la cito – tra il mio Murakami e il tuo cellulare, sempre a testa bassa siamo su qualcosa. Tra l’altro il mio libro è molto più grande del tuo telefonino, si vede meglio, lascia spazio per vedere ostacoli, anche se una volta sono andato a sbattere contro un palo. Capita, sono le incertezze del mestiere.
Passeggiare con un libro in mano, scorrere parole, alzare la testa di tanto in tanto per vedere il mare, in questo novembre che profuma di fine estate, con le spiagge ancora popolate e l’Isola d’Elba immersa nel celeste più infinito, senza una nube, senza un soffio di vento, cosa insolita per il mio promontorio preda di scirocco e maestrale.
Passeggiare con un libro in mano verso le salite della vita, di un’esistenza fatta di contrasti, di esitazioni, di luoghi da vedere, di quotidiano che cede il passo a altro quotidiano. Ecco, se ci fosse un regista neorealista, macchina da presa nella mano, pedinerebbe questo mio vagare verso la casa di mia madre, riprenderebbe il niente della vita, il tutto di attimi e istanti sempre diversi, sempre disuguali.
Passeggiare con un libro in mano, pensare a niente, se non a quel che leggi, farsi distrarre appena dai rumori, dalla vista spettacolare del tuo mare, salendo una scalinata di granito, giungla cittadina abbandonata, dopo la Pinetina, tra via De Sanctis e viale Michelangelo. Sfogliare pagine e ricordi – ogni angolo di strada che calpesti è un ritaglio infinitesimale di passato, quel che non c’era, quel che hai dimenticato, quel che purtroppo il tempo ha cambiato.
La sola cosa che ti porta fuori campo e non ti fa seguire il corso della storia, unica distrazione alla lettura sono le pagine di vita che hai perduto e che cerchi di raccogliere per strada. Non puoi farlo, quindi leggi ancora.