Aldous Huxley – Il mondo nuovo

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Il sottile confine fra utopia e distopia

Un mondo senza guerre, senza conflitti sociali, politici o religiosi; un mondo in cui tutti, ma proprio tutti, sono appagati dalla vita che conducono; un mondo che non conosce né vecchiaia né malattia, ma solo una perpetua felicità: è il Mondo nuovo di Aldous Huxley, un’opera in cui si fa sottile il confine fra utopia e distopia.
Qual è il prezzo della felicità e della pace?

Huxley immagina una società che sacrifica l’individuo al benessere collettivo: nel Mondo Nuovo è vietato leggere, è vietato pensare, è vietato stare da soli; non esistono case, non esistono famiglie, i bambini vengono concepiti in provetta e la sola idea di un padre e di una madre, nonché di relazioni esclusive, appare oscena.
Anche il lavoro assume la funzione d’impedire il pensiero; le occupazioni sono assegnate in base alla casta di appartenenza, ma non vi è frustrazione né ambizione fra i lavoratori: attraverso un elaborato sistema di rinforzi positivi e negativi, ciascuno è condizionato fin da prima della nascita a non desiderare nient’altro che la propria condizione.
Che cos’è la vita, allora, per gli abitanti del Mondo Nuovo? Un instancabile susseguirsi di piaceri, tutti rigorosamente da vivere in collettività. E, quando sovviene qualche pensiero molesto, una pastiglia di soma cancella ogni malinconia.

In questa società, statica e perfettamente in equilibrio, fa la sua comparsa il Selvaggio, un uomo cresciuto in una delle rare riserve di uomini “primitivi”, nato da donna (!) e conoscitore di Shakespeare. Il Selvaggio si accosta con curiosità e aspettative a questo Eden e la società del Mondo Nuovo gli si accosta con le medesime curiosità e aspettative.
Non è difficile immaginare che l’incontro sarà destinato a tramutarsi in tragedia. Il Mondo Nuovo, infatti, interpella il Selvaggio (e il lettore) su una molteplicità di temi: l’eugenetica, il consumismo sfrenato, il progresso e i suoi (non) limiti, l’etica delle relazioni, il potere salvifico della cultura.

Una domanda cogente, però, è sottesa a ogni interrogativo: quale porzione di noi stessi e della nostra libertà è giusto sacrificare in nome del bene collettivo, e chi ha il diritto di definire che cosa esso sia?
Un’opera profetica, un capolavoro da leggere e rileggere.

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