Gianrico Carofiglio – La regola dell’equilibrio

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Vi domanderete: cosa ci fa un legal thriller in questa rubrica? Non era una rubrica “spirituale?”. La domanda  e la perplessità sono lecite, ma la risposta è: no, non è una rubrica di spiritualità, o meglio non è solo questo. Lo scopo di questa rubrica è presentare libri e film, di qualunque genere, che abbiano la forza e la capacità di stimolare i lettori a indagare dentro di sé, a conoscersi veramente, a seguire i propri sogni, e a realizzare che non esiste nulla di veramente irrisolvibile, nulla di veramente impossibile.

Sì, non è quello che le nostre famiglie, i nostri insegnanti, e la società in generale ci hanno insegnato, ma questo è accaduto sia perché, prima di tutto, molte di queste persone non conoscevano altre vie, sia perché è più conveniente mantenere lo status quo e le persone spaventate e depresse, per controllarle e manipolarle meglio. Di questo eventualmente parleremo più avanti, ma se cercate su Internet troverete diverse informazioni a riguardo, scritte da persone molto più preparate di me… fisici quantistici, autori come Salvatore Brizzi o Alessandro D’Avenia, o economisti e imprenditori “illuminati” come Richard Branson o Niccolò Branca.
In questo articolo ci concentreremo su un coinvolgentissimo romanzo di Gianrico Carofiglio: La regola dell’equilibrio. Questo è stato il primo libro di Carofiglio che ho letto, e non ho potuto fare a meno di divorarlo. Ora ho tutti i romanzi che hanno come protagonista l’avvocato Guido Guerrieri.

Il motivo per cui ho deciso di inserire questo romanzo ne Il Pensiero Verticale è perché tocca temi e corde profonde della natura umana: l’integrità, l’onestà, il coraggio di guardarsi veramente dentro e magari di cambiare la propria vita, il tradimento, la giustizia.
Ambientato tra Bari e Lecce, il libro racconta la storia dell’avvocato Guido Guerrieri, che si ritrova a dover difendere un giudice indagato per corruzione e ricettazione, il giudice Larocca. Contemporaneamente, si invaghisce di un’affascinante e, sicuramente non comune, investigatrice che lo aiuta nel caso.

Tra verbali d’interrogatorio e aule di Tribunale, siamo coinvolti in una storia appassionante e misteriosa, ma soprattutto veniamo in contatto con le fragilità umane, e ci rendiamo conto che c’è qualcosa di noi in ogni personaggio, come c’è qualcosa di noi in tutte le persone che ci circondano, e viceversa. Non siamo tutti uguali, nonostante gli slogan moralisti e perbenisti che ci hanno riversato addosso da quando siamo nati, ma tutti siamo simili nelle debolezze, nelle fragilità, e nelle potenzialità umane.

Romanzo che scava nel profondo della coscienza umana, e di conseguenza nell’intimità del lettore, è certamente un libro che fa riflettere, oltre a divertire e lasciare col fiato sospeso. Carofiglio poi scrive benissimo, in un italiano raffinato ma scorrevole, e ogni suo personaggio ha qualche qualità da ammirare.
Senza svelare molto altro, per non rovinare le continue sorprese, vi lascio con un link a un’interessante intervista all’autore, e con alcune citazioni del libro. Buona lettura.

È l’errore che facciamo tutti, pensare di avere tempo.

Mi ricordai una frase che avevo letto qualche settimana prima: “It’s never too late to be who you might have been”. Non è mai troppo tardi per essere chi saresti potuto essere.

A volte, nelle perquisizioni come nella vita, passi davanti a qualcosa di decisivo e non te ne accorgi. Perché non sai cosa cercare o perché magari quel qualcosa è troppo evidente per essere visto.

La vera unità di misura del tempo sono gli accadimenti inattesi, quelli che cambiano tutto e ti fanno capire che tante altre cose, prima, sono successe e non te ne eri accorto, e avresti dovuto; e tante cose che davi per scontate non succederanno più.

«Chi mente a sé stesso e presta ascolto alle proprie menzogne arriva al punto di non distinguere più la verità, né in sé stesso, né intorno a sé». La citava spesso mio nonno, e diceva che la regola dell’equilibrio morale consiste nell’opposto del comportamento descritto in questa frase. Consiste nel non mentire a noi stessi sul significato e sulle ragioni di quello che facciamo e di quello che non facciamo. Consiste nel non cercare giustificazioni, nel non manipolare il racconto che facciamo di noi a noi stessi e agli altri.