No Nukes: intervista ad Alfonso Navarra

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Alfonso Navarra è “antigiornalista”, scrittore e direttore della rivista “Difesa-ambiente”. Antimilitarista nonviolento “storico”, è portavoce di “Fermiamo chi scherza col fuoco atomico” per la Campagna di obiezione di coscienza alle spese militari (www.osmdpn.it) e segretario della Lega per il disarmo unilaterale. Lavora con organizzazioni ecopacifiste (Energia Felice, Accademia Kronos).

Lo intervistiamo in occasione dell’incontro con la scrittrice Laura Tussi al Caffè Letterario Primo Piano di Brescia, il 21 marzo 2015.

 

Qual è la tua esperienza nel campo dell’antinucleare?

Siccome sono palermitano, immigrato qui al nord, l’antinucleare lo riallaccio al Collettivo Antinucleare di Cinisi di Peppino Impastato, perché eravamo colleghi di università e anche compagni di partito in Democrazia Proletaria. C’era un collettivo antinucleare a Cinisi, io lo seguivo e tra l’altro ero il coordinatore regionale di Democrazia Proletaria. Allora Peppino veniva considerato un compagno per così dire periferico, pur facendo un lavoro di enorme valore sociale e culturale. Anzi, il tipo di radio che faceva era proprio un esperimento comunicativo secondo me importantissimo. Tra l’altro organizzava delle performance oggi piuttosto comuni: per esempio la finta morte atomica con la gente vestita di bianco che si sdraiava per terra. Cose che oggi sono abbastanza scontate come pratica di sensibilizzazione e di lotta.

Poi ho partecipato al Campo per la pace contro gli euromissili a Comiso. C’erano dei ragazzi che avevano lasciato la famiglia e si erano trasferiti lì per fare una contestazione permanente alla base costruenda degli euromissili, quella che determinò la grave crisi nucleare est-ovest. Ho fatto otto mesi di carcere preventivo per essere stato dentro la base e avere offerto dei fiori agli americani, per non avere accettato la libertà provvisoria a non mettere più piede nella provincia di Ragusa come siciliano. Ma, in ogni caso, di carcere ne ho fatto parecchio, pur avendo la fedina penale pulita. Credo di essere entrato in quasi tutte le basi militari italiane.

Che cosa sono gli OSM?

Obiettori di coscienza alle Spese Militari. Il coordinamento nazionale di questi obiettori è a Brescia, alla Casa per la Nonviolenza del Mir, che è il Movimento nonviolento, in via Milano 65. Poi il coordinamento è passato a Milano. La nostra idea era racchiusa nello slogan Pagare per la pace anziché per la guerra, quindi dare la possibilità ai cittadini, con l’opzione fiscale, di finanziare una difesa alternativa basata sui mezzi nonviolenti. Oggi c’è una campagna nazionale su questo obiettivo della difesa alternativa. Poi alcune leggi hanno riconosciuto che la difesa della patria, sancita dalla Costituzione, può essere esercitata anche con mezzi nonviolenti e il primo compito del servizio civile sarebbe addirittura, nel primo comma della legge istitutiva, questa forma di difesa non armata e nonviolenta. Siamo, come Peppino Impastato, il nuddu ammiscatu cu nenti, il nulla mischiato col niente, però qualche cosa di concreto, in tutti gli anni di battaglia, l’abbiamo incardinato: siamo riusciti a introdurre il concetto della difesa nonviolenta, abbiamo fatto approvare il servizio civile e abbiamo impedito che l’Italia diventasse una piattaforma nucleare come la Francia, che è nostra vicina. Sono cose molto concrete fatte dai nuddu ammiscatu cu nenti. Recentemente ho parlato all’anniversario del disastro nucleare di Fukushima. Quando andiamo in giro per l’Europa, gli italiani chi sono, per esempio, per i francesi? Sono quelli che hanno impedito i le centrali nucleari di cui loro sono imbottiti fino alle orecchie. Che cosa l’Italia ha ottenuto di concreto? Ha bloccato i piani nucleari. Grazie a Peppino Impastato e grazie ai tanti che, a vari livelli, su queste cose molto concrete si sono battuti.

Gli OSM ultimamente hanno anche stabilito cinque punti per uscire dalla crisi, cioè qualcosa che in parte esula dalla loro missione principale ma che ci riguarda tutti. Il primo punto è non pagare il debito illegittimo e colpire a fondo la speculazione finanziaria…

Fortunatamente abbiamo un governo, recentissimamente eletto, che sta proponendo questo punto, che è il nuovo governo greco, e ne sta subendo di tutti i colori, perché è come se fosse sottoposto al ricatto dell’usura internazionale. Tsipras pone il problema di un debito pubblico che in gran parte è stato contratto per coprire i deficit speculativi della banche. Gli Stati si sono svenati: per esempio ci sono stati 1800 miliardi, con le operazioni a lungo termine, di prestiti a tassi agevolatissimi, all’1%, che ora si devono restituire. Attualmente sono in corso operazioni che si chiamano di allentamento quantitativo, che sono 60 miliardi al mese di creazione di moneta, di acquisti della Banca Centrrale Europea sul mercato secondario, il che significa che acquisto titoli dagli investitori istituzionali, le banche. Il povero Tsipras chiede pochi miliarducci per risolvere un’emergenza umanitaria, trecentomila persone cui hanno staccato la luce elettrica, gli sfrattati, i pensionati cui bisogna pagare le pensioni, cose che, come prime misure, costerebbero, si è calcolato, due miliardini di euro, e complessivamente circa sette miliardi di euro. Ma questi spendono, creano moneta, per 60 miliardi di euro al mese, e acquistano titoli dalle banche, e dicono “tu devi rispettare le regole”. Cioè ti diamo 4 tempi, perché pagano d’interesse il 10% del PIL. Il PIL greco è di 300 miliardi: significa che 30 miliardi in un anno sono interessi sul debito precedente. È proprio usura, debiti che sono stati fatti e che sono illegittimi: olimpiadi, grandi opere, tutto questo andazzo di speculazioni, di tangenti, di corruzione. Qui in Italia dovremmo saperne qualcosa. Ecco, non ci sono i soldi per gli sfrattati, per i bambini che hanno fame, per la gente che non riesce più a curarsi, e c’è questa cifra di 60 miliardi… sul serio! Per questo mi chiamo antigiornalista, perché bisogna capire il peso delle cose: stanno stampando 60 miliardi, acquistando titoli da chi? A chi vanno questi soldi? Siamo chiari. E non ci sono quattro soldi per gli sfrattati, non ci sono quattro soldi per la gente a cui hanno chiuso l’allacciamento alla luce.

Il governo greco sta combattendo una battaglia molto delicata, perché sono le regole dell’Europa, le regole del Fiscal Compact, le regole del pareggio di bilancio. Le regole sono i parametri che servono ai creditori, ed è questo che non vogliono: non vogliono che queste regole, questi parametri, siano messi in discussione. Sono durissimi. C’è una trattativa in corso, e ti dicono: se tu non paghi ti facciamo fallire, esci dall’euro, però la cosa è molto complicata, non posso approfondirla ora: c’è tutta la tecnicalità che sta intorno a questa trattativa tra il debitore e l’usuraio illegittimo. Perché poi chi ha pressato per queste speculazioni, per le olimpiadi sbagliate, per i traffici, sono state le banche francesi e tedesche. Quindi, quando si dice che hanno aiutato la Grecia, si mente: in realtà tutti i miliardi che gli hanno dato sono stati aiuti per rimborsare queste banche per crediti che poi sono finiti in un pozzo senza fondo di spreco e di corruzione.

Al secondo punto avete proposto un drastico taglio alle spese militari e la cessazione di ogni missione di guerra al di fuori dei confini nazionali.

Drastico taglio…! La Costituzione italiana dice che siamo un paese pacifista, e sostanzialmente l’esercito dovrebbe servire per difenderci se qualcuno ci attacca in modo concreto. Servirebbe a questo, quindi il nostro dovrebbe essere un esercito difensivo. Un esercito che ha delle portaerei da costruire, oppure che ospita le armi nucleari americane, come a Ghedi e ad Aviano, qui vicino, non è difensivo. Credo ce ne siano 40 a Ghedi e 50 ad Aviano, ma sono cifre molto presuntive, perché c’è un obbligo di riservatezza sul numero vero. Sono gli scienziati americani della Federazione Scienziati Atomici che spulciano sui bilanci e, attraverso delle tracce, ricostruiscono questi numeri. Ma hanno fatto un’interrogazione, e ufficialmente non si può dire quante sono numericamente. Quindi armi nucleari, portaerei, e ora gli F-35 (aerei da caccia multiruolo, ndr), che devono anche essere modificati perché portino i nuovi tipi di armi nucleari. Ci sono 12 miliardi di dollari stanziati perché queste B61 (bombe nucleari all’idrogeno, ndr) che ci sono a Ghedi e ad Aviano siano ammodernate per diventare teleguidate, e devono essere trasportate sugli F-35. Credo che questo non lo sappia quasi nessuno in Italia: c’è un piano per cui, entro il 2020, ci sono da spendere in tutta Europa 12 miliardi di dollari per l’ammodernamento di queste B61: sono i nuovi modelli -le atomiche hanno vari modelli- che diventano B61-12, diventano teleguidate, trasportabili sugli F-35. Il Parlamento italiano aveva detto che forse non dovevamo comprare gli F-35, e invece li compreremo. Tutto questo che cosa ha che vedere con la difesa dei confini dalle aggressioni? È evidente che non è solo un discorso di dire: tagliamo il 10%. Se abbiamo una Costituzione che dice che eventualmente lo strumento militare, che poi deve essere anche fondato su una difesa nonviolenta, deve servire solo per difesa, tutte queste spese in armamenti, in sistemi offensivi vanno tagliate, perché sono incostituzionali: non c’entrano con il modello della guerra difensiva, c’entrano con discorso NATO.

Al terzo punto chiedete giustizia e diritti per tutto il mondo del lavoro.

Credo che c’è lo slogan,

Qui entra in campo Stéphane Hessel, di cui abbiamo tradotto in Italia l’ultimo appello sul disarmo nucleare totale, Esigete!, e da cui riprendiamo certi contenuti, collaborando anche con gli amici dell’ANPI di Nova Milanese, Laura Tussi e Fabrizio Cracolici, e speriamo dell’ANPI più in generale, al progetto Per non dimenticare. Il discorso è che esiste una dittatura finanziaria. Hessel, nel precedente Indignatevi!, sostanzialmente si riferiva a un appello ai giovani protagonisti della Resistenza francese, dicendo: guardate che i programmi della Resistenza europea sono oggi attuali. La Resistenza non è solo ricordare, per esempio, il partigiano Bacio Capuzzo che è riuscito a sfuggire dal campo di concentramento buttandosi sul treno, ma quei programmi, quel modello di società che avevano, che è ancora attuale e che oggi significa creare una a nuova resistenza contro una dittatura finanziaria, che poi è un’oligarchia dell’1%. Mai c’è stata tanta diseguaglianza sociale nel corso di tutta la storia umana. Probabilmente tra lo scalpellino e il faraone c’era meno differenza di quella che c’è ora tra l’elemento della classe media dei Paesi occidentali e questa ristrettissima oligarchia di ricchi che ha creato un meccanismo per aspirare potere e risorse reali tramite i meccanismi monetari della finanziarizzazione. Questo è il grande buco. C’è una lotta di classe, ma bisogna capire che cosa significa oggi. C’è una massa di parassiti che vive solo sulle borse, sulla speculazione, e l’economia reale, anche quella delle multinazionali, è molto subalterna: vince e ha un senso solo perché entra in questo giro. Luciano Gallino parla di Finanzcapitalismo, dominato da una massa molto ristretta, sempre più ricca, attraverso il fatto, però, che tutti accettiamo la moneta come tecnologia sociale di regolazione degli scambi; e questo tende sempre più a schiacciare quella che si chiama economia reale. Il lavoro conta sempre meno, dev’essere sempre più subalterno, schiavizzato e meno retribuito. Certo, il mondo è andato avanti, abbiamo delle potenze della tecnologia, delle forze produttive incredibili, ma il senso di tutto quello che si fa è sostanzialmente distorto e distruttivo. Voglio focalizzare questo punto: l’1% contro il resto dell’umanità. È come se fossimo prima della Rivoluzione francese, da un certo punto di vista: da una parte abbiamo una massa di parassiti strettissima, che però domina il sistema finanziario, che è quello che regola l’economia mondiale, e dall’altra tutto il resto dell’umanità, che va sempre più impoverendosi.

Al quarto punto proponete i beni comuni per un nuovo modello di sviluppo a partire dall’attuazione dei referendum su acqua ed energia, non dal nucleare, ma dal sole e dalle energie rinnovabili.

“Beni comuni” significa proprio il contrario di quello che affermava la Tatcher, cioè che la società non esiste, che esistono solo gli individui. Il patto sociale ha senso se la società esiste, perché deve garantire i diritti e la dignità di fondo di ogni individuo; se non siamo una società, che cosa siamo? Ognuno deve avere la possibilità di soddisfare i propri bisogni, se no non c’è società. L’idea dei beni comuni è innanzitutto quella che il pianeta non appartiene alla specie umana in quanto tale, perché dobbiamo considerarci come parte di un processo evolutivo e del flusso della vita, e responsabili, perché l’uomo non è calato dall’alto della storia naturale: abbiamo una vicinanza, siamo parte dei processi naturali, e da questi dipende la nostra stessa sopravvivenza. Dobbiamo sentirci custodi e responsabili della riproduzione di questi cicli. Quindi beni comuni.

Che cos’è la ricchezza? La ricchezza è il nostro pianeta. La ricchezza non sono i 70mila miliardi di dollari all’anno di PIL di tutta l’umanità: la ricchezza non può essere misurata con la cifra monetaria. La ricchezza è questo pianeta: è l’unica terra che abbiamo, e deve continuare a vivere, ma a vivere armonicamente. Questa è la ricchezza. Bene comune è il nostro pianeta, beni comuni sono i grandi processi naturali, la terra, l’aria, l’acqua; beni comuni sono qualche cosa che appartiene a tutta l’umanità, che ha la responsabilità di mantenerli in funzione, di non alterarli, e a questo dev’essere subordinato ovviamente tutto il processo sociale. Non possiamo mettere come parametro fondamentale il profitto, come purtroppo succede oggi.

Quinto e ultimo punto: una rivoluzione costruttiva per una democrazia effettiva, con più partecipazione ed espressione diretta dei soggetti popolari.

Qui se ne parla, però dobbiamo mettere in pratica. Si tratta di capire perché esistono le oligarchie, e anche quali sono i nostri incasellamenti mentali che fanno sì che, per esempio, alcune persone con un dito su un bottone minacciano di farci saltare in aria tutti. Oggi, ufficialmente, vige un equilibrio del terrore che non si disarma: tutti dicono a livello ONU che il disarmo nucleare è necessario, nessuno dice che non è necessario, e votano le risoluzioni. Però c’è un trattato internazionale, che è quello di non proliferazione, che ne ammette l’uso perché ammette il gioco che la minaccia dell’uso dell’arma possa impedire che l’arma sia usata; la cosiddetta deterrenza. Ma, quando ammetto questo, significa che ammetto l’eventualità, anzi ammetto la realtà, che posso giocare con la vita della gente. E sono apparati ristrettissimi che hanno il dito sul bottone. L’ONU, con il trattato di non proliferazione, ammette ufficialmente che noi tutti siamo ostaggi della morte atomica, che si possa giocare sulla vita della gente, che c’è un diritto di autodifesa degli Stati che può portare avanti questi giochi. Figurati che democrazia c’è! Questi giochi sono inaccettabili, perché dobbiamo garantire che esiste prima un diritto di sopravvivenza dell’umanità: il diritto alla vita delle persone. Il diritto di autodifesa degli Stati non può prevaricare questi diritti fondamentali, non può venire prima. Gli Stati vengono dopo: l’umanità deve essere libera dal ricatto nucleare. Questo c’entra con la democrazia, perché questa difesa, fondata su giochi assurdi, è tutta concentrata in oligopòli, in strettissime élite tecnocratiche, militari, burocratiche e politiche. Figuriamoci poi se parliamo della finanza e se andiamo su altri settori!

Il nostro problema è di capire perché il 99% dell’umanità, pur con tutte le sue distinzioni, le sue stratificazioni, non riesce ad imporre la priorità dei diritti umani fondamentali, garantiti dalla carta dell’ONU. Non riesce. Perché, nonostante questi diritti siano stati fissati, certificati, proclamati, c’è sempre qualche motivo per cui vengono in qualche modo messi in secondo piano rispetto ad altre questioni. Chiamiamola politica di potenza: tutti i conflitti cui assistiamo diventano sempre un pretesto per non attuare quello che era l’invito del Manifesto Russell-Einstein, nel primo movimento per il disarmo atomico. La frase era questa: Ricordatevi della vostra umanità, e dimenticate il resto. Prima la comune umanità. Prima di essere italiano, prima di essere curdo, prima di essere palestinese, prima di essere tibetano, ricorda di mettere in primo piano la comune umanità. Il che non significa rinunciare a essere curdo, palestinese, italiano, siciliano o comunque ci si voglia definire, ma prima viene la comune umanità. Perché non si riesce ad andare avanti su questo principio?

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Heiko H. Caimi, classe 1968, è scrittore, sceneggiatore, poeta e docente di scrittura narrativa. Ha collaborato come autore con gli editori Mondadori, Tranchida, Abrigliasciolta e altri. Ha insegnato presso la libreria Egea dell’Università Bocconi di Milano e diverse altre scuole, biblioteche e associazioni in Italia e in Svizzera. Dal 2013 è direttore editoriale della rivista di letterature Inkroci. È tra i fondatori e gli organizzatori della rassegna letteraria itinerante Libri in Movimento. ha collaborato con il notiziario "InPrimis" tenendo la rubrica "Pagine in un minuto" e con il blog della scrittrice Barbara Garlaschelli "Sdiario". Ha pubblicato il romanzo "I predestinati" (Prospero, 2019) e ha curato le antologie di racconti "Oltre il confine. Storie di migrazione" (Prospero, 2019), "Anch'io. Storie di donne al limite" (Prospero, 2021) e "Ci sedemmo dalla parte del torto" (Prospero, 2022, insieme a Viviana E. Gabrini). Svariati suoi racconti sono presenti in antologie, riviste e nel web.